CAPITOLO 2 - TECNICHE DI ANALISI FONDAMENTALE

2.2.2 Il metodo reddituale

La tecnica più comunemente usata per l'analisi dei titoli è sicuramente l'analisi mediante indici e flussi; altri strumenti, altrettanto importanti, sono peraltro il cosiddetto metodo reddituale oppure il metodo di mercato, che permettono entrambi, con una metodologia diversa, di determinare un prezzo come stima del valore intrinseco di un titolo. Proponiamo innanzitutto un quadro generale in figura 2.11, come riferimento guida per ciò che seguirà:

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Figura 2.11: Metodologie per la valutazione aziendale (18).

Il principio per il quale il valore di ogni attività finanziaria è determinato dal flusso di cassa che procura al suo possessore, costituisce il presupposto fondamentale del metodo reddituale.

Per le azioni ordinarie questo flusso di cassa è costituito dai dividendi monetari percepiti dall'investitore più il prezzo di vendita del titolo. Il valore attuale dei flussi dei dividendi attesi può essere espresso come:

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Se l'investitore detiene l'azione per due anni, il prezzo del titolo verrà calcolato come:

  (2)

Se si suppone che il nuovo acquirente dell'azione al tempo due offra un prezzo basato sui dividendi futuri e abbia le stesse aspettative del venditore per quanto riguarda tasso di sconto e dividendi, allora il prezzo atteso alla fine del secondo anno potrà determinarsi come nell'equazione (1). Perciò si avrà:

  (3)

Lo stesso procedimento può essere ripetuto per Pn, per cui si perviene infine a:

  (4)

L'equazione (4) non ha il pregio della praticità, in quanto ci obbliga a stimare tutti i dividendi pagati nella vita dell'impresa. Per questo viene utilizzata una versione semplificata dello stesso, detto modello di attualizzazione dei dividendi in crescita costante (constant growth dividend discount model) o modello di Gordon.

Le ipotesi sottostanti il modello sono sostanzialmente tre:

1- i dividendi crescono sempre ad un tasso costante g.

2- flusso di dividendi perpetuo.

3- tasso di sconto maggiore del tasso di crescita (r > g) (19).

Date le prime due ipotesi l'equazione (4) può essere riscritta nel modo seguente:

  (5)

Abbiamo ottenuto una progressione geometrica di ragione (1+g)/(1+r) che può essere più sinteticamente riespressa come segue:

  (6)

In realtà nemmeno quest'ultimo modello può essere di grande aiuto per la stima dei singoli prezzi azionari, in quanto le ipotesi sottostanti sono estremamente forti; la sua importanza risiede piuttosto nel delineare le principali determinanti delle quotazioni. Infatti, se sostenere la validità di una crescita costante all'infinito può costituire un'astrazione dalla realtà, d'altro canto può essere molto utile l'esame dettagliato delle componenti dell'equazione (6) per comprendere le possibili influenze su rendimenti e prezzi azionari. Ad esempio la (6) può essere riscritta come segue:

  equazione di Gordon-Shapiro

Il rendimento complessivo percepito dall'investitore è composto da due elementi, il tasso di dividendo (D1/P0) ed il tasso di crescita (g). Ipotizzando poi che r rimanga costante, la crescita dei prezzi azionari sarà proporzionale all'aumento di g. Il modello dei dividendi attualizzati in crescita costante può essere molto utile anche in analisi di tipo what if; potrebbero essere ipotizzati molteplici scenari possibili, con diversa probabilità di accadimento e per ogni situazione prevista il prezzo azionario assumerebbe diversi valori con diversa probabilità.

Prima di proseguire nell'analisi di altri modelli valutativi più articolati, è opportuno aprire una breve parentesi per accennare ad alcuni strumenti utilizzati per calcolare i tassi di crescita g e per determinare il tasso di sconto appropriato r.

Il miglior punto di partenza nel processo di stima dei tassi di crescita futuri è spesso costituito dai tassi storici dell'azienda. Per ottenere il g futuro l'analista può quindi rettificare il tasso di crescita storico al rialzo o al ribasso, a seconda delle sue valutazioni sulle possibili variazioni nelle caratteristiche operative e finanziarie aziendali. Più è affidabile il punto di partenza, maggiori le possibilità di formulare buone previsioni sui tassi futuri, perciò è importante conoscere alcuni utili accorgimenti.

Innanzitutto per un periodo di n anni si considera una media dei tassi di crescita annuali e precisamente una media geometrica, più affidabile di quella aritmetica (20). Anche il tasso di crescita geometrico non è esente da problemi: essendo molto influenzato dagli anni di riferimento sui quali è calcolato, può non essere una fedele rappresentazione dell'effettiva crescita nel tempo, se gli anni base sono influenzati da eventi straordinari o anomali; per questo vengono utilizzati dei tassi di crescita normalizzati, calcolati non più in base a singoli anni di riferimento, bensì su una media di più anni comprendenti l'anno di riferimento. Il calcolo di tassi di crescita normalizzati può trovare un ottimo supporto nell'analisi di regressione, che ha il pregio di considerare tutti i valori della serie cronologica dei tassi di crescita annuali.

Una stima dei tasso di crescita di lungo periodo può essere sviluppata assumendo tre ipotesi semplificatrici: (1) la redditività dei mezzi propri (ROE) è costante nel tempo (2) il payout b è costante nel tempo (3) l'azienda finanzia i nuovi investimenti tramite gli utili non distribuiti. Date queste ipotesi si può dimostrare che il tasso di crescita g sarà:

g = ROE (1 - b)

Questa stima della crescita aziendale di lungo periodo è anche detta tasso di crescita sostenibile.

Per quanto riguarda la stima del tasso di sconto appropriato r, è generalmente accettato che esso sia determinato da tre componenti: tasso reale senza rischio, inflazione attesa e premio per il rischio. Il tasso reale privo di rischio riflette un tasso di sconto ottenuto, dopo aver tenuto conto delle variazioni del livello dei prezzi, su di un investimento caratterizzato da assenza d'incertezza associata ai flussi di cassa prodotti (21). Normalmente tale investimento si identifica con i titoli di Stato che, generalmente, sono considerati a rischio di insolvenza nullo. L'unico problema di questo approccio è che prezzi e tassi d'interesse dei titoli sono espressi in valori nominali, non in termini reali; perciò solo disponendo di una stima dell'inflazione attesa potremmo sottrarla al tasso nominale, ottenendo una stima del tasso reale privo di rischio.

A questo punto però può essere più agevole accettare che il tasso di rendimento r richiesto da un titolo sia la somma di due sole componenti, e cioè tasso privo di rischio nominale e premio per il rischio, ricordando sempre comunque che, come è stato diffusamente evidenziato nel paragrafo 2.1.1, più il tasso d'inflazione atteso è elevato, minore sarà il valore del titolo azionario, in quanto il tasso di sconto aumenta. Ancora una volta si dimostra come la stima dell'incremento nel livello dei prezzi atteso è un fattore critico per la valutazione delle attività finanziarie.

Per concludere la parentesi sulle possibili determinanti di r, un accenno al premio per il rischio. Esistono sostanzialmente due scuole di pensiero al riguardo; dal punto di vista della Capital Market Theory (22), un appropriato premio per il rischio sarebbe funzione solamente del rischio sistematico di un titolo, cioè del rischio collegato al mercato.

Una misura di questo tipo di rischio è il parametro b , ottenuto dal rapporto tra covarianza del rendimento del titolo con il rendimento di mercato e varianza del rendimento di mercato; nel Capital Asset Pricing Model di Sharpe e Lintner il rendimento richiesto per il titolo i-esimo sarebbe dunque:

Una seconda scuola di pensiero d'ispirazione tradizionale, ha generalmente sostenuto che il premio per il rischio di un titolo è funzione del rischio operativo, del rischio finanziario e del rischio di liquidità.

Il rischio operativo deriva dall'incertezza e quindi dalla variabilità del reddito operativo; se infatti il reddito al lordo di imposte ed oneri finanziari dovesse diminuire, nell'ottica di un creditore o di un obbligazionista diminuirebbero le probabilità di ricevere i pagamenti alle loro scadenze.

Il rischio finanziario si riferisce all'incertezza aggiuntiva associata all'utilizzo dell'indebitamento; un aumento del leverage amplifica le variazioni del reddito netto aziendale, come si è evidenziato nel paragrafo dell'analisi per indici.

Per rischio di liquidità si intende invece l'incertezza circa l'attitudine di un titolo ad essere rapidamente acquistato e venduto nelle quantità volute e senza concessioni di prezzo (23).

Chiusa la breve parentesi sulle possibili determinanti del tasso di crescita g e del tasso di sconto r, vengono di seguito presentati alcuni modelli di valutazione delle azioni.

Il metodo reddituale per la valutazione di un titolo azionario è chiaramente più efficacie se vengono utilizzati dei modelli più articolati rispetto al constant growth dividend discount model, ma che allo stesso tempo non siano così complessi da richiedere troppe stime e da risultare di conseguenza poco maneggevoli.

Esaminiamo innanzitutto il dividend discount model a tre stadi (24). Piuttosto che ipotizzare una crescita costante dei dividendi all'infinito, questo modello assume l'esistenza di tre differenti fasi nel sentiero di crescita degli utili. Una prima fase caratterizzata da un tasso di crescita ga per un periodo di A anni; un secondo stadio, dall'anno A+1 fino all'anno B, come periodo di transizione in cui il tasso di crescita ga diminuisce (o aumenta) in modo lineare fino ad un tasso di crescita gn, ipotizzato costante e perpetuo. La terza ed ultima fase che si protrae all'infinito è appunto caratterizzata dalla presenza di questo tasso di crescita definito come tasso di crescita di lungo periodo o tasso di crescita normale. In figura 2.12 vengono appunto evidenziati i tre stadi di evoluzione del tasso di crescita, assumendo per ipotesi che il tasso di crescita iniziale ga sia superiore al tasso normale gn.

L'equazione rappresentante la spezzata di Figura 2.12 può essere espressa come segue:

  (9)
Figura 2.12: Sentiero tasso di crescita dividendi nel Dividend Discount Model a tre stadi.

Infatti per t=A si ottiene gt=ga; per t=B si ha chiaramente gt=gn; per t compreso tra A e B valori linearmente convergenti da ga verso gn.

Con le stime di ga, A, B, gn e l'ultimo dividendo D0 si possono approssimare i dividendi di tutti i periodi futuri e quindi, con l'appropriato tasso di sconto, è possibile calcolare il prezzo teorico del titolo. L'equazione finale del modello è la seguente:

  (10)

con gt definito nell'equazione (9) e DB dividendo nell'anno B.

L'equazione finale del modello è evidentemente piuttosto articolata e laboriosa da risolvere, soprattutto se gli anni di transizione della seconda fase sono molti; è necessaria infatti l'applicazione dell'equazione (9) per determinare il tasso esatto di crescita di ogni anno del secondo stadio. Si presentano inoltre molteplici difficoltà a risolvere la (10) per la variabile r, qualora si volesse calcolare il tasso interno di rendimento.

Per i suddetti problemi di maneggevolezza del modello a tre stadi è stata sviluppata (25) una versione semplificata dello stesso, detto modello H.

Il modello H si basa su un'evoluzione dei tassi di crescita come rappresentato in Figura 2.13.

Figura 2.13 Sentiero del tasso di crescita dei dividendi per il modello H

Il tasso di crescita inizia ad un livello pari a ga, per decrescere poi subito in modo lineare verso gn; dopo H anni raggiunge la metà della distanza tra ga e gn e dopo 2H anni si stabilizza sul tasso di crescita aziendale di lungo periodo gn.

L'equazione per il modello H è molto più semplice rispetto al modello a tre stadi:

  (11)

In primo luogo se ga=gn l'equazione si riduce alla formula del constant growth dividend discount model. In secondo luogo l'equazione (11) può essere riespressa in una forma di semplice ed intuitiva interpretazione:

  (12)

E' immediato vedere come il prezzo di un titolo sia uguale alla capitalizzazione dei suoi dividendi basata su un tasso di crescita normale di lungo periodo, più un premio proporzionale ad H dovuto ad una crescita superiore (se ga è inferiore a gn a causa di un tasso di crescita iniziale inferiore al tasso normale il premio è negativo).

Un altro vantaggio del modello H è che, dato il prezzo corrente del titolo, si può agevolmente risolvere per la variabile r; inoltre i risultati ottenuti sono molto simili a quelli generati dal modello a tre stadi, soprattutto se si assume che H sia a metà distanza nella fase due di transizione (cioè se H è a metà strada tra A e B).

Sono stati presentati alcuni dei modelli più semplici di valutazione dei titoli azionari basati sul metodo reddituale; in realtà ne esistono innumerevoli varianti, per lo meno tante versioni quante sono le società di investment banking americane (26). In tutti i casi comunque il principio fondamentale affinché un modello fornisca delle buone previsioni è che esso tenga conto delle relazioni tra la variabile da prevedere e i fattori che porteranno tale variabile a cambiare in futuro, in una parola delle relazioni causa-effetto. Allo stesso modo è molto importante ricordare che la precisione di un modello di valutazione dipende dalle stime su cui si basa; solo se le previsioni degli utili, dei payout, dei tassi di crescita sono complessivamente corrette, il modello può generare dei risultati piuttosto affidabili.

Se sono soddisfatti dunque i presupposti di completezza del modello e correttezza delle stime, le informazioni ottenute possono ragionevolmente supportare il processo decisionale.