Fed, possibile stop al rialzo dei tassi
La Fed ieri ha alzato i tassi ufficiali dello 0,25%, una mossa ampiamente attesa dagli economisti. Meno scontata è stata invece l'indicazione sulla possibile messa in stand-by dalla fase restrittiva partita l'anno scorso al fine di riportare l'inflazione verso l'obiettivo di lungo periodo del 2%.
Attualmente l'indice PCE (quello preferito dalla Fed per misurare l'inflazione) attualmente è pari al 5,4%, quindi ancora molto al di sopra del target.
Questo potrebbe spingere la Fed a insistere con l'incremento dei tassi ma c'è un piccolo problema: l'economia USA potrebbe accusare il colpo.
Economia USA meno tonica del previsto
Al termine della riunione di ieri sono stati diffuse le proiezioni economiche del team di analisti dell'istituto: le stime di crescita del PIL americano sono state abbassate, da +0,5% a +0,4% per il 2023 e da +1,6% a +1,2% per il 2024.
Il rischio recessione resta quindi sotto controllo ma lo scenario è leggermente peggiorato rispetto a quanto indicato a dicembre.
Nonostante le dichiarazioni ufficiali sulla solidità del sistema creditizio è probabile che il recente caso SVB abbia contribuito a creare le condizioni per un atteggiamento più accomodante.
Prosegue l'ondata di licenziamenti trai colossi USA
D'altra parte continuano ad arrivare segnali di difficoltà sul fronte occupazionale, l'altro pilastro che guida le decisioni della Fed.
Oggi Accenture ha annunciato che ridurrà del 2,5% la propria forza lavoro, pari a 19 mila dipendenti. Il colosso della consulenza ha peggiorato le stime 2023 di crescita dei ricavi da 8%-11% a 8%-10%, mentre l'utile per azione è ora atteso a 10,84-11,06 dollari da 11,20-11,52. Accenture è solo l'ultima big in ordine di tempo ad annunciare consistenti tagli al personale.
In precedenza Meta (21 mila esuberi), Google (12 mila), Microsoft (10 mila), Amazon (27 mila).
L'euro ne approfitta e accelera al rialzo
La situazione è quindi delicata e uno stop (non è chiaro se temporaneo o meno) delle mosse restrittive da parte della Fed sembra nell'ordine delle cose.
A trarre vantaggio della situazione per il momento è l'euro che stamattina ha toccato a 1,0930 il massimo dal 3 febbraio contro dollaro.
Il top di inizio mese scorso a 1,1034 non è lontano: l'eventuale superamento decreterebbe la riattivazione del rally partito a fine settembre verso 1,15 almeno.
Discese sotto 1,0750 favorirebbero invece un test dei recenti minimi a 1,0520 (appoggio successivo a 1,02).