CAPITOLO 3 - I TASSI D'INTERESSE
3.2.6 L'andamento delle borse nel 1994
Per completare il quadro relativo agli effetti dei tassi d'interesse sul mercato
azionario, presentiamo alcuni risultati scaturiti dall'analisi dell'annata
borsistica 1994 effettuata, come di consueto, nell'ambito del Rapporto
Istituto Ricerca Sociale sul mercato azionario 1.
Ci si è voluti riferire a questa particolare annata, poiché, come
si vedrà diffusamente in seguito, essa rappresenta un caso emblematico
della forte influenza esercitata dalle variazioni dei tassi d'interesse sulle
quotazioni azionarie.
L'andamento dei principali mercati azionari nel 1994 non ha rispecchiato la
favorevole evoluzione del quadro congiunturale; nonostante il rafforzamento
della ripresa economica che ha coinvolto anche i paesi dell'Europa Occidentale,
gli indici azionari hanno chiuso l'annata borsistica con risultati negativi o
di poco positivi (si veda la Figura 3.9).
Figura 3.9: Indici di borsa e crescita reale 2.
La deludente performance dei mercati azionari viene addebitata al contrapporsi di due
forze contrastanti: quella relativa agli utili attesi e al rischio dell'investimento
in azioni e quella relativa ai tassi d'interesse.
Per quanto riguarda la prima forza basta in questa sede un breve accenno; l'indice del
sentimento di mercato, che cerca di catturare le aspettative degli operatori su utili
attesi e valutazione del rischio dell'investimento azionario, ha sostenuto le quotazioni.
È infatti cresciuto indistintamente in tutte le borse, per via innanzitutto di
un'elevata crescita degli utili correnti e/o attesi ed in secondo luogo per una
riduzione del premio per il rischio associato all'investimento in borsa, in un
contesto di minore volatilità dei prezzi delle azioni rispetto al reddito
fisso, per le prospettive di ripresa dell'economia.
La seconda forza, rappresentata dalla crescita dei tassi d'interesse, ha agito
negativamente sulle borse.
Dopo che all'inizio del 1994 la banca centrale americana ha modificato la politica
monetaria in senso restrittivo, i tassi d'interesse hanno interrotto una fase
discendente eccezionalmente lunga ed in pochi mesi si sono riportati ai livelli
del 1992 (si veda la figura 3.10).
Figura 3.10: tassi d'interesse 3.
Un eventuale disallineamento tra tassi americani ed europei non è riuscito;
nonostante le politiche monetarie europee abbiano continuato a mantenere un
orientamento espansivo nei primi mesi del 1994, non sono riuscite a contrastare
l'aumento dei tassi d'interesse che si è rapidamente diffuso dagli Stati
Uniti.
Le aspettative del mercato sull'inflazione attesa, potenzialmente derivante dalla
decisa ripresa economica, e le attese sulle future mosse delle banche centrali,
hanno preso il sopravvento.
Tuttavia i timori di un rialzo generalizzato del livello dei prezzi si sono rivelati
infondati e di conseguenza i tassi d'interesse reali hanno raggiunto livelli
piuttosto elevati, tali da ridimensionare la fiducia del mercato nella crescita
degli utili delle imprese.
L'effetto che si è determinato è stato quindi duplice: non solo un
tasso di capitalizzazione più elevato, che penalizza evidentemente il
valore attuale degli utili attesi, ma anche una minore entità degli utili attesi
stessi.
Infatti la crescita dei profitti corrente ed attesa era principalmente ricollegabile
ai risultati di politiche di ristrutturazione e di riduzione dei costi attuate
negli anni passati 4, non tanto ad una ripresa
della domanda interna.
L'aumento dei costi di finanziamento derivanti dalla crescita del livello dei
tassi d'interesse o, in alternativa, la riduzione dei tassi di payout
indotta da un maggior ricorso all'autofinanziamento, ha attenuato l'ottimismo
del mercato sull'entità degli utili attesi; anche le emissioni azionarie
più frequenti hanno contribuito a deprimere l'umore degli investitori.
Mentre la borsa di New York ha reagito piuttosto bene, dopo una fase di sbandamento
iniziale, al rialzo dei tassi d'interesse del 1994, le borse europee ne hanno
risentito in misura maggiore, anche per via di una fase di espansione economica
ancora agli esordi (si veda ancora la Figura 3.9).
Il comportamento della borsa italiana nel 1994 si è invece differenziato
rispetto all'Europa Continentale, presentando peraltro alcune analogie con la
borsa di Tokyo.
Entrambi i mercati azionari sono infatti cresciuti fino al mese di maggio,
incuranti del rialzo dei tassi d'interesse e, nonostante la caduta subita nei
mesi successivi, hanno chiuso il 1994 con una modesta variazione positiva
(vedi Figura 3.9).
Figura 3.11: Indice Mibtel nel 1994.
Il sostenuto movimento al rialzo della borsa italiana nei primi quattro mesi si
è fondato principalmente sulle aspettative di un rinnovamento generale
della classe politica e sulle attese di ripresa economica.
Questi due fattori hanno consentito al mercato azionario di risultare
indifferente rispetto all'andamento crescente dei tassi d'interesse che ha
seguito la tendenza internazionale, sia pure con un'intensità leggermente
inferiore.
La borsa italiana si è quindi mossa in controtendenza rispetto alle altre
borse europee, con l'indice Mibtel in crescita del 32% sino al massimo raggiunto
il 10 maggio '94.
Dopo aver toccato il massimo in maggio, il clima è improvvisamente
peggiorato; nei successivi due mesi la borsa ha subito un crollo del 16%,
dimostrandosi più debole delle altre borse europee.
All'intensificarsi della crescita dei tassi d'interesse in Europa, si è
associato un progressivo aumento del differenziale dei tassi italiani rispetto
a quelli tedeschi (che aveva raggiunto un punto di minimo in maggio),
differenziale che ha raggiunto nel settembre '94 un massimo di 4,7 punti.
La variabile tassi ha quindi preso il sopravvento, favorita anche dalle incertezze
del quadro politico.
Ad alimentare le tensioni sul mercato obbligazionario ha contribuito anche
l'atteggiamento rigido della Banca d'Italia, che in più occasioni ha
sottolineato il timore di una ripresa inflazionistica, giustificando così
anche un aumento del tasso di sconto deciso l'undici agosto.
Nonostante i buoni risultati delle relazioni semestrali e il sostanziale
miglioramento dei fondamentali dell'economia, il mercato azionario ha subito
ulteriori ridimensionamenti.
La perdita di fiducia degli operatori è riconducibile senza dubbio anche
alla drastica perdita di valore del cambio, nonché al persistente clima di
forte instabilità politico-istituzionale; il livello raggiunto dai tassi
d'interesse (7% in termini reali) è stato tale però da indebolire
ogni prospettiva di medio termine.
1 Rapporto IRS sul mercato azionario 1995, Istituto Ricerca Sociale (1995) .
2 Rapporto IRS sul mercato azionario 1995, Istituto Ricerca Sociale (1995) .
3 Fonte: Federal Reserve Bank of New York, (http://www.stls.frb.org/fred/data/irates.html), Tassi a breve su commercial paper a tre mesi a confronto con tassi a lungo su Treasury Bond trentennali.
4 Come si evidenziava nel
Rapporto Irs 1994.