CAPITOLO 3 - I TASSI D'INTERESSE
3.2.5 Alcune verifiche econometriche
La relazione negativa tra tasso d'interesse e quotazioni azionarie ipotizzata a
livello teorico e verificata intuitivamente sul piano operativo, è
confermata sistematicamente anche mediante strumenti statistici più rigorosi.
Uno studio 1 di carattere internazionale ha
esaminato l'effetto dei tassi d'interesse sulle quotazioni azionarie negli otto
paesi con la maggiore capitalizzazione di borsa, durante il periodo che va dal
1969 al 1979.
Innanzitutto viene presentata semplicemente una tabella di correlazioni fra il tasso
d'interesse a lungo termine ed un indice dei prezzi azionari; in sette casi su otto
i coefficienti sono negativi e di questi valori cinque sono anche statisticamente
significativi.
I coefficienti di correlazione variano da un livello di -0,82 riferito alla Germania,
sino al valore -0,24 riferito all'Italia.
In secondo luogo viene sviluppato un modello regressivo per verificare se l'approccio
semplicistico della correlazione inizialmente presentato possa essere contraddetto;
le indicazioni desumibili originariamente vengono invece confermate anche dai risultati
della regressione.
In un lavoro 2 più recente si sono analizzate
dettagliatamente le relazioni tra variabili economiche e quotazioni azionarie per gli
Stati Uniti.
È stato inizialmente preso in considerazione un ampio spettro di fattori che
potevano avere qualche effetto sul mercato azionario, utilizzando valori mensili dal
1961 al 1987; inoltre sono stati utilizzati diversi lag temporali, allo scopo
di catturare l'effetto del tempo sulle variabili selezionate, approssimando
così un breve termine (con lag di uno e due mesi), un medio termine
(con lag da sei a dodici mesi) ed un lungo termine (con lag da diciotto
a ventiquattro mesi).
Successivamente si è passati ad uno screening statistico, selezionando
solo le variabili economiche, rispetto ad un certo lag temporale, che
superavano un determinato test di significatività.
Con queste variabili economiche significative si è effettuata una regressione
multipla rispetto alle variazioni mensili dello Standard & Poor 500 Stock Price
Index.
Tra l'altro i risultati ottenuti permettono di trarre delle solide conclusioni sulle
relazioni tra tassi d'interesse e mercato azionario; le quotazioni reagiscono
negativamente a livelli di tasso d'interesse crescenti (e viceversa per tassi
decrescenti), in modo particolare per quanto riguarda le variazioni dei tassi a tre
mesi del Treasury Bill con il lag di un mese ed ai cambiamenti dei tassi
del Treasury Bond con il lag di sei mesi.
Questa relazione negativa tra quotazioni azionarie e tassi d'interesse viene fatta
risalire in modo particolare alla maggiore attrattività di opportunità
di investimento alternative.
Peraltro si considera anche l'ipotesi che il tasso d'interesse a breve costituisca
una proxy per l'inflazione attesa 3.
Uno studio analogo 4 è stato effettuato
per il mercato azionario italiano nel periodo che va dal primo trimestre 1962 al
quarto trimestre 1977.
Il procedimento seguito è stato infatti una regressione cross-section
tra un indice medio delle azioni di fonte Banca d'Italia ed una decina di potenziali
variabili esplicative.
I risultati hanno confermato che il tasso d'interesse riveste un ruolo primario, a
tal punto che il coefficiente in tutte le regressioni è stato prossimo
all'unità: questo significa, tenendo presente che tutte le variabili erano
espresse come logaritmo, che un incremento medio del rendimento delle obbligazioni
di x% provoca, a parità di condizioni, una caduta di x% del corso delle
azioni.
In particolare è risultato essere predominante l'effetto del tasso d'interesse
ritardato di un trimestre 5, a testimonianza del
fatto che il mercato obbligazionario ha anticipato il mercato azionario.
Per quanto riguarda la natura del tasso d'interesse utilizzato è stata
paragonata la capacità esplicativa del rendimento dei depositi bancari
rispetto a quella del rendimento medio delle obbligazioni; le conclusioni sono
state nettamente per la non significatività del tasso d'interesse sui
depositi, che non ha fornito risultati soddisfacenti.
Al contrario il tasso d'interesse delle obbligazioni ha fatto registrare le ottime
potenzialità esplicative suddette, confermando in tal modo le ipotesi della
teoria economica tradizionale e cioè che le azioni nel periodo esaminato
sono state considerate investimenti alternativi ai titoli obbligazionari, piuttosto
che ai depositi bancari.
1 Cohn R.A. Lessard D.A.
Are Markets Efficient? Tests of Alternative hypotheses, Journal of Finance (1981) .
2 Bulmash S.B. Trivoli G.W.
Time-lagged interactions between stock prices and selected economic variables, Journal of Portfolio Management (1991) .
3 Geske R. Roll R.
The Fiscal and Monetary Linkages Between Stcok Returns and Inflation, Journal of Financial Economics (1983) .
4 Verga G.
Un'analisi storica e cross-section del mercato azionario italiano, Rivista Internazionale di Scienze Sociali (1980) .
5 Così come rilevato precedentemente da Mortara C.A.
Moneta e corsi azionari in Italia, Bancaria (1976).