CAPITOLO 9 - IL DIBATTITO ANALISI TECNICA - EFFICIENZA

9.3 L'analisi tecnica da un punto di vista economentrico

     Se lo studio della serie storica passata dei prezzi può fornire buoni profitti, è legittimo chiedersi perché si debba riferirsi proprio all'analisi tecnica e non piuttosto ad un approccio scientifico rigoroso come è effettivamente l'econometria; ci si chiede sostanzialmente perché non debba essere preferito ai modelli euristici, tralasciando per un momento l'enorme divario di complessità, uno dei diversi modelli statistici che la ricerca accademica mette a disposizione.

     Per questi motivi l'utilizzo dell'analisi tecnica da parte di buona parte dei traders di fronte alla disponibilità di un modello econometrico di previsione delle serie storiche che dovrebbe minimizzare l'errore quadratico medio, ha indotto alcuni ricercatori, a prescindere da considerazioni sull'efficienza, a tentare di individuare una possibile giustificazione a questo comportamento apparentemente incoerente.

     Un ottimo esempio in questa direzione è rappresentato da una ricerca di Neftci 1, il quale, studiando le proprietà statistiche dell'analisi tecnica, ha tentato di individuare una base oggettiva alla popolarità di questo sistema 2.
Un primo orientamento in questo senso può essere la formalizzazione di un modello algoritmico che generi segnali d'acquisto e di vendita identici a quelli prodotti dall'analisi tecnica.
Un secondo indirizzo può indagare fino a che punto le regole anche formalizzate dell'analisi tecnica risultino utili nella previsione in più e al di sopra delle previsioni generate da un modello econometrico.
Approfondiremo maggiormente questo secondo aspetto che può risultare di ben maggiore interesse per giustificare l'ampio utilizzo dell'analisi tecnica.

     Innanzitutto va ricordato che i modelli econometrici che Neftci utilizza nella sua ricerca per il confronto sono modelli di tipo lineare; tenendo conto di alcuni contributi 3 che hanno riscontrato la non linearità stocastica di molte serie storiche tra le quali quella dei prezzi azionari, si deduce che ogni metodo che catturi tale non linearità può potenzialmente migliorare le previsioni generate dal modello statistico 4.
È possibile che l'analisi tecnica utilizzi in modo informale le informazioni contenute in momenti di ordine superiore al secondo; ad esempio il crollo dei mercati finanziari del 19 ottobre 1987 ha avuto l'effetto di incrementare l'interesse nell'analisi tecnica, forse perché un crollo di tale entità è evidentemente un evento non lineare.

     In particolare i modelli lineari non possono descrivere almeno due plausibili attività che interessano i partecipanti al mercato azionario: in primo luogo l'emissione di sporadici segnali d'acquisto e di vendita ( il decisore sulla base dell'osservazione di certi indicatori effettua determinate operazioni in un momento casuale) ed in secondo luogo l'opportuno trattamento di modelli (patterns) che possono esistere nella serie di prezzo e che non siano completamente caratterizzabili dai momenti di primo e secondo ordine.
In poche parole solo modelli che implicano curvature piuttosto smorzate sono gestibili dai modelli lineari, mentre ad esempio le bolle speculative caratterizzate da una tendenza progressiva che finisce in un improvviso crollo, non sono agevolmente trattabili.

     Per riscontrare se l'analisi tecnica fornisce elementi aggiuntivi che riescono a migliorare le previsioni di un modello di autoregressione vettoriale, gli autori considerano in modo particolare uno strumento molto popolare e cioè la media mobile a 150 giorni 5; per verificarne le potenzialità viene aggiunta all'usuale equazione econometrica una cosiddetta variabile dummy, che rappresenta appunto la sintesi dello strumento analisi tecnica.
A questo punto va verificata l'ipotesi che l'aggiunta del nuovo elemento nell'equazione non aumenti (H0) oppure aumenti (H1) la capacità del modello di prevedere il Dow Jones Industrials.

     L'autoregressione, che nel caso di linearità del processo di formazione dei prezzi costituisce il miglior modello previsivo, può essere espressa con la tradizionale equazione:

     Formula (1)     Se il mercato fosse efficiente una dummy variable D(t), così come definita nella (2), non dovrebbe incrementare la capacità di previsione a partire dai prezzi passati.

     Formula (2)          (2)

     In particolare la dummy variable 6 può essere rappresentata nella regressione in questo modo:

     Formula (3)          (3)

     Per l'ipotesi di efficienza tutti i coefficienti b dovrebbero essere nulli; a questo punto è agevole verificare statisticamente se i coefficienti b sono significativamente diversi da zero.

     I risultati della ricerca di Neftci dimostrano che la regola della media mobile a 150 giorni riesce ad incrementare significativamente il potere previsivo del modello econometrico; per tutti i lag temporali utilizzati, la dummy variable fornisce segnali nella giusta direzione e significativi dal punto di vista statistico.
Questo sta a significare che forse l'analisi tecnica riesce a catturare elementi del processo di formazione dei prezzi che sono ignorati dalla teoria classica della previsione statistica.

     Non va ignorato peraltro che la teoria econometrica ha proposto, soprattutto recentemente, nuovi modelli interpretativi per le serie storiche finanziarie; uno di questi ha riscosso, nelle sue diverse versioni, un certo successo negli ultimi anni, proprio nell'applicazione specifica alle serie storiche finanziarie.
Si tratta del GARCH model, ovvero Generalized AutoRegressive Conditional Heteroskedasticity 7; senza pretendere di entrare nel merito di tali modelli, il che richiederebbe una competenza molto approfondita in campo econometrico, proponiamo i risultati di una ricerca del 1992 di Brock, LeBaron e Lakonishok 8, i quali hanno confrontato alcune delle più note trading rules e tali modelli statistici.

     I dati utilizzati nella ricerca sono le quotazioni del Dow Jones Industrial Average dall'inizio del 1897 alla fine del 1986, in qualità di serie storica più estesa disponibile per i titoli azionari americani.
Le regole di analisi tecnica che vengono verificate sono il moving average oscillator (segnali operativi che derivano dagli incroci di medie mobili a breve ed a lungo) ed il trading range breakout (segnali operativi derivanti dalla rottura di resistenze o di supporti).

     Nel primo caso (moving average oscillator) si utilizzano due varianti dell'approccio media mobile, l'una con filtro percentuale per limitare i falsi segnali e l'altro con filtro temporale di dieci giorni dal verificarsi del segnale prima che la posizione venga invertita.
Nel secondo caso (trading range breakout), oltre a seguire una certa uniformità di parametri temporali rispetto al primo approccio, si implementa la strategia prima con e poi senza una banda di filtro dell'uno percento.

     I risultati ottenuti sono decisamente favorevoli all'approccio dell'analisi tecnica; il modello moving average con filtro verticale da 0 a 1% e con dominio variabile ottiene in tutti i casi esaminati buoni profitti, che si esprimono in un rendimento medio dello 0.00067 daily, pari al 28% annuo, di fronte ad un 6,4% annuo della strategia buy & hold.

     Un altro aspetto interessante dei risultati è la diversa percentuale di operazioni corrette d'acquisto, il 54%, rispetto alle operazioni corrette di vendita, il 49%; gli autori fanno notare che se l'analisi tecnica non fornisse utili indicazioni, le percentuali di correttezza nei due casi dovrebbero eguagliarsi su di un arco temporale così esteso.
Al contrario questa differenza è dimostrata essere significativa anche dal punto di vista statistico.

     La seconda verifica sulle medie mobili, che prende in considerazione quindi un periodo minimo di mantenimento della posizione, fornisce un ottimo rendimento pari allo 0.00093 daily, equivalente al 41% annuo.
Infine la trading range break rule riesce ad ottenere un rendimento medio dello 0.00087, risultante dalle diverse combinazioni con e senza filtro e con periodo minimo di mantenimento.
Tutti questi risultati sono confermati anche dall'applicazione delle trading rules a diversi sub-periodi.

     Ma l'aspetto più interessante di questo articolo è la ricerca statistica della provenienza di questi extra-profitti e cioè il tentativo di individuare l'esistenza di un qualche modello in grado di spiegare i risultati conseguiti.
A questo scopo viene applicata, in aggiunta ai test di significatività statistica standard, una metodologia nota come bootstrap technique, che consiste in termini molto semplicistici, nella creazione di una serie storica simulata sulla base di diverse classi di modelli (in questo caso il modello Random Walk, il modello Ar (1) ed il modello Garch) e nell'applicazione alla serie così generata delle trading rules.
Se i rendimenti fittizi ottenuti risultano inferiori a quelli sperimentati con la serie del Dow Jones effettiva, si può dedurre che gli extraprofitti dell'analisi tecnica non vengono generati da uno dei modelli sopra specificati, ma probabilmente hanno origine da una diversa interpretazione della realtà.

     Questo è quello che effettivamente avviene ad esempio per il random walk; nessuno dei random walk simulati genera dei rendimenti superiori rispetto alla serie effettiva e questo è coerente con i risultati tradizionali ottenuti in precedenza.
Tuttavia si evidenziano alcuni aspetti nuovi per quanto riguarda la deviazione standard; non solo i segnali buy selezionano i periodi con migliori rendimenti, ma anche quelli con minore volatilità, rispetto ai segnali sell che oltre a minori profitti evidenziano maggiore variabilità. Questo contrasta nettamente con la possibile spiegazione che collega i maggiori profitti al maggiore rischio: accade proprio il contrario.

     Il modello AR(1) è volto invece a stabilire se i risultati delle trading rules dipendono da correlazione giornaliera della serie di prezzo; il fatto che i rendimenti attesi su un'operazione long siano superiori rispetto ad una short potrebbero stare ad indicare una certa correlazione positiva della serie.
In realtà è proprio così, in quanto i risultati ottenuti evidenziano una certa dipendenza positiva, ma ciò non è per nulla sufficiente dal punto di vista statistico per giustificare la differenza di rendimento tra operazioni buy e sell 9.

     Anche il GARCH fallisce nel replicare adeguatamente i rendimenti, anche se ottiene qualche risultato migliore rispetto al modello AR(1); inoltre lascia molto a desiderare proprio per la determinazione della volatilità, peculiarità del modello, in quanto sovrastima sistematicamente la variabilità dei buy period.

     In conclusione i rendimenti aggiuntivi ottenuti dai molteplici segnali d'acquisto e di vendita non sono generati dai tre modelli presi in considerazione; i profitti registrati sono infatti maggiori rispetto a livelli definiti normali. Inoltre la differenza di rendimenti tra buy e sell non è spiegata da un rischio maggiore.

     Si notano poi alcune inefficienze dei modelli GARCH, che oltre a far risultare problematica la determinazione degli effettivi rendimenti, non riescono nemmeno a fornire una buona stima della volatilità.

     La ricerca di Brock, LeBaron e Lakonishok dimostra quindi che l'analisi tecnica può avere potere predittivo; tuttavia non va tralasciata la rilevanza dei costi di transazione, che possono influenzare in modo rilevante l'assunzione di posizioni speculative.
A questo proposito può risultare più adeguato un mercato caratterizzato da minori costi di questo genere, come può essere ad esempio il mercato future.

     La conclusione degli autori è che il processo di formazione della serie storica di prezzo è probabilmente più complesso di quanto suggeriscano alcuni studi che utilizzano modelli lineari; a questo punto l'analisi tecnica potrebbe riuscire ad individuare schemi di comportamento dei prezzi non rilevabili dai predetti modelli.
Va inoltre sottolineato che le regole tecniche utilizzate nella ricerca sono le più semplici; regole più elaborate potrebbero fornire risultati ancora migliori.


1 Neftci N. Salih, Naive Trading Rules in Financial Markets and Wiener-Kolmogorov Prediction Theory: A Study of "Technical Analysis", Journal of Business (1991); tale ricerca rappresenta un approfondimento di un precedente lavoro dello stesso autore: Neftci N. Salih Andrew J. Policano, Can Chartsists Outperform the Market? Market Efficiency Tests for "Technical Analysis", The Journal of Futures Markets (1984).
2 In precedenza anche Kamara A., Issues in Futures Markets: A Survey, The Journal of Futures Markets (1982), aveva ravvisato che i modelli econometrici esistenti non erano una buona approssimazione dell'effettivo comportamento dei traders, i quali utilizzano segnali d'acquisto e di vendita basati su valutazioni piuttosto soggettive della serie dei prezzi passati.
3 Hinich M.L. Patterson D.M. Evidence of nonlinearity in daily stock returns, Journal of Business and Economic Statistics (1985).
4 Secondo gli autori vi potrebbe essere peraltro una diversa spiegazione alla popolarità dell'analisi tecnica. Se un mercato è efficiente, i prezzi si comporteranno seguendo un processo martingala: di conseguenza il modello econometrico non potrà che fornire previsioni futili del tipo X t+w=X t, w=1,2,...    . A causa della totale inattrattività di previsioni costanti su qualsiasi orizzonte temporale, gli operatori potrebbero utilizzare, irrazionalmente, altre tecniche che non forniscono apparentemente previsioni futili, anche se sono sub-ottime. Tale interpretazione richiede però la continua allocazione di risorse in una pratica che fornisce rendimenti negativi.
5 "...Although technical analysts caution the investor should consider a variety of factors in trying to discern the market's direction, they say the single clearest factor is probably the 150-day moving average. History has shown that when the Dow Jones Index rises decisively above its moving average, the market is likely to continue on an upward trend. When it is below the average, it is a bearish signal... " tratto dal New York Times del 11 marzo 1988.
6 La dummy variable, come si vede nell'equazione, è molto chiaramente una funzione non lineare dei prezzi.
7 Per approfondire i contenuti di questo approccio econometrico si vedano: Bollerslev T., A conditional heteroskedasticity time series model for speculative prices and rates of returns, Review of Economics and Statistics (1987); Engle Robert Lilien Robins, Estimating Time Varying Risk-Premia: The ARCH-M Model, Econometrica (1987); Nelson Daniel, Conditional Heteroskedasticity in asset returns: A new Approach, Econometrica (1991).
8 Brock W. Lakonishock J. LeBaron B., Simple Technical Trading Rules and the Stochastic Properties of Stock Returns, The Journal of Finance (1992).
9 La ridotta dipendenza positiva è in grado di spiegare meno del 10% della differenza di rendimento tra operazioni buy ed operazioni sell.