La Fed resta il principale fattore di disturbo. Si minimizza la portata di una curva dei rendimenti invertita, adducendo argomentazioni che risultano facilmente rovesciabili. Tutto, pur di non ridurre l'esorbitante costo del denaro ufficiale.
La domanda che tutti gli investitori si pongono, è se finalmente lo S&P500 riuscirà ad avere ragione di questa resistenza venutasi a delineare a 2940 punti: siamo al terzo tentativo di sfondamento nelle ultime settimane.
L’analisi di lungo periodo lascia pochi dubbi in tal senso: le indicazioni dell’ Outlook di gennaio e di metà anno, chiarisce l’elevata probabilità di ulteriori progressi nella parte finale dell’anno. I modelli previsionali hanno anticipato efficacemente l’andamento di Wall Street e il sentiment continua ad essere improntato ad un salutare scetticismo. Il classico muro di paura.
La bear market checklist di Citi evidenzia soltanto 5 “semafori” rossi o gialli, su 20: soltanto una probabilità su quattro che questo non sia un consolidamento fisiologico. Prima del massimo del 1990 i campanelli di allarme erano il 69%, nel 2000 l’89% e nel 2007 il 55%. Ciò conferma come ogni correzione vada considerata come opportunità di ingresso, e non l’avvisaglia di qualcosa di più temibile. L’asset allocation suggerita dal nostro modello continua ad aumentare la propria esposizione all’Equity: come esaminato sul Rapporto Giornaliero qualche giorno fa, sebbene in termini assoluti il mercato azionario storicamente abbia raggiunto una condizione che contiene i guadagni di lunghissimo periodo, rispetto al rendimento del mercato obbligazionario da qui ad un anno è una scommessa "sicura".
Il fattore di disturbo rimane sempre la Fed. L’altro ieri Rosengren, il membro più anziano del FOMC, ha minimizzato la pendenza negativa della curva dei rendimenti: sostenendo che dipenda dagli acquisti di bond da parte degli stranieri, che deprimono la parte lunga della yield curve. Una affermazione palesemente falsa, stando agli stessi dati della Fed, che evidenziano al contrario deflussi da parte degli investitori europei e giapponesi; e che finisce per prestare il fianco agli strali provenienti dal mondo politico.
Gaetano Evangelista
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