Avanti un altro! Mercoledì il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha difeso la sua politica economica “rischiosa ma giusta” e ha licenziato il suo ministro delle finanze Lütfi Elvan per sostituirlo con il suo vice Nureddin Nebati. L’ex ministro ed economista turco paga così il crollo della lira turca e l'impennata dell'inflazione, conseguenze della politica dei tassi bassi decisa dallo stesso Capo dello Stato.
Solo negli ultimi 2 anni Erdogan ha già licenziato tre governatori della banca centrale, accusati di non sostenere con sufficiente ardore questa politica. Lo stesso Lütfi Elvan è durato solo tredici mesi nel suo incarico dove era stato nominato per sostituire Berat Albayrak, genero del presidente turco. Un rimpasto causato, già, da una bufera sulla valuta turca e dai dubbi espressi dagli investitori. Da inizio anno la lira turca ha perso quasi la metà del suo valore e aumentato il costo dei prodotti importati e alimentato l'inflazione tra le più alte del pianeta, quasi il 20% all'anno. Un tasso quattro volte superiore all'obiettivo ufficiale del governo e destinato ad alimentare il malcontento sociale.
A leccarsi le ferite sono in ogni caso alcuni risparmiatori che avevano puntato sulla Turchia e che hanno deciso di investire in obbligazioni del Paese “cedolose” e che fino a qualche anno fa venivano collocate a piene mani o ricercate dagli investitori in cerca di “rendite periodiche”. In 5 anni, nonostante cedole del 10%, chi ha puntato decisamente sulla mezza luna turca ha dimezzato il capitale. Anche se ha acquistato i bond della Bei, Banca Europea per gli investimenti.
Ne ho parlato nell’ultima mia irriverente LetteraSettimanale di SoldiExpert SCF, società di consulenza finanziaria indipendente e anche nel recente video sull’obbligazionario (che ci ha fatto superare i 2000 follower del canale YouTube di SoldiExpert SCF) e da inizio novembre la situazione è ulteriormente precipitata (oltre il 15% il crollo della lira turca), poiché il presidente Recep Tayyip Erdogan ha scelto di andare in direzione ostinata e contraria e con l’aumento dell’inflazione al 20% ha pensato bene di spingere la banca centrale turca (che non gode evidentemente di grande autonomia) a tagliare il costo del denaro in Turchia.
Articolo a cura di Salvatore Gaziano
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