Il margine di manovra della Bce si è concluso?

Finanza Operativa Finanza Operativa - 10/03/2016 14:43

A partire dalla metà del 2014, la BCE ha adottato misure di politica monetaria non convenzionali senza precedenti. Ha introdotto un tasso di interesse negativo sulle riserve in eccesso detenute dalle banche (ridotto due volte, fino a -0.30%). E ha intrapreso un programma di acquisto di asset per un totale di 1500 miliardi di €, concedendo prestiti a lunghissimo termine alle banche. Tuttavia, per molti versi, la situazione per la BCE sembra più difficile di quanto fosse a gennaio 2015, quando è stato annunciato il Public Sector Purchase Programme (PSPP). Le aspettative di inflazione a lungo termine hanno toccato un nuovo minimo – si prevede un’inflazione solo all’1,6% per il 2018 – e il tasso di cambio effettivo dell’euro è tornato ai livelli visti a fine 2014. Ovviamente, non tutto è negativo. Stiamo assistendo ad una lieve accelerazione dei prestiti nel settore privato, in particolare per il credito al consumo. Ma la BCE ha già fatto molto, ed è ragionevole chiedersi se il suo intervento non abbia raggiunto i propri limiti.

La BCE ha già adottato misure radicali, che hanno contribuito all’indebolimento dell’euro e al calo dei rendimenti obbligazionari. I nuovi annunci della BCE non innescheranno un’ulteriore importante ribasso per l’euro. Chiaramente il tasso di deposito negativo della BCE e il QE hanno pesato sull’euro negli ultimi 18 mesi attraverso i flussi di portafoglio. Da quando il tasso di deposito della BCE è entrato in territorio negativo (giugno 2014), gli investitori al di fuori della zona Euro, in particolare un certo numero di banche centrali dei paesi emergenti, sono stati venditori netti di obbligazioni europee (219 miliardi di € nella seconda metà del 2014 e nel 2015) nel tentativo di disfarsi di obbligazioni a tasso negativo. Gli investitori europei sono stati regolarmente acquirenti netti di obbligazioni estere (535 miliardi di € nella seconda metà del 2014 e nel 2015). Parte degli investitori europei che hanno venduto titoli di stato alla BCE erano alla ricerca di rendimento oltre i confini europei, presumibilmente negli Stati Uniti. In definitiva, i flussi netti di portafoglio sono stati ampiamente negativi per la zona Euro nel corso degli ultimi 18 mesi e hanno contribuito a compensare l’elevato avanzo delle partite correnti della zona Euro, il più alto al mondo in termini nominali (502 miliardi di € nella seconda metà del 2014 e nel
2015). Da metà 2014, la BCE ha adottato una serie di misure di politica monetaria non convenzionali (tasso di deposito negativo, massiccio programma di acquisto di titoli). Tuttavia, il deterioramento delle prospettive sull’inflazione spingerà la BCE ad adottare ulteriori misure di allentamento il 10 marzo.
La BCE ha già fatto molto. Gli strumenti utilizzati fino ad ora stanno raggiungendo i propri limiti e gli effetti collaterali sono sempre più significativi.

In questo contesto, appare auspicabile che la BCE utilizzi nuovi strumenti o che passi il testimone ai governi europei. La politica dei tassi zero della BCE ha chiaramente permesso all’euro di non apprezzarsi, ma una nuova tendenza al ribasso sembra altamente improbabile per l’euro, con le nuove misure di allentamento della banca centrale. Come dimostrano le reazioni dei mercati alla riunione del Consiglio di dicembre 2015, la semplice estensione del termine teorico del PSPP e l’ulteriore riduzione dei tassi di deposito non sono sufficienti di per sé a far scendere l’euro, o a spingere al rialzo le aspettative di inflazione a lungo termine.

Per evitare un ulteriore apprezzamento dell’euro (il tasso di cambio effettivo dell’euro, come monitorato dalla BCE, ha guadagnato il 4% tra inizio dicembre e fine febbraio), la BCE è, in un certo senso, costretta ad aumentare il ritmo dei suoi acquisti di titoli.

Pur sembrando molto probabile un incremento del ritmo degli acquisti, è necessario sottolineare che il programma di acquisto di asset della BCE è già di notevole portata. Nel 2015, le emissioni nette di obbligazioni sovrane della zona Euro si sono attestate a quota 177 mld di €, mentre la BCE ha acquistato 434 mld di €. Gli acquisti di titoli corrispondono a circa il 250-300% delle emissioni sovrane nette (a seconda del mese), mentre gli acquisti della Fed di Treasuries sono stati pari solo al 50-60% delle emissioni nette. In altre parole, il QE della BCE è estremamente potente per i mercati obbligazionari ed esercita una forte pressione al ribasso sui tassi a lungo termine. Il fatto che i tassi tedeschi a lungo termine siano troppo bassi rappresenta chiaramente un problema per le banche e le compagnie di assicurazione tedesche.

La BCE è ben consapevole di ciò; altrimenti come si dovrebbe interpretare la decisione di dicembre di estendere il PSPP includendo i titoli di debito di enti locali e regionali? La Germania è l’unico paese veramente impattato da tale misura, che allenta la pesante pressione al ribasso sui tassi tedeschi a lungo termine. I diversi vincoli del PSPP sollevano chiaramente la questione della disponibilità di titoli tedeschi e degli enti sovranazionali affinché la BCE porti a termine quello che ha già annunciato. Oltre a comprare di più, la BCE dovrebbe cambiare la composizione degli acquisti di titoli. Reindirizzare gli acquisti fuori dalla regola della struttura del capitale potrebbe aiutare a risolvere questo problema. Ma il costo politico di questa soluzione resta elevato.

Articolo a cura di Amundi Sgr

Fonte: www.finanzaoperativa.com
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