Il dimezzamento dell'esposizione azionaria rispetto ai livelli massimi vantati per quasi tutto il 2021, ha consentito di osservare con un certo distacco la correzione e la volatilità degli ultimi mesi. Ora le borse hanno la chance per reagire. Sarebbe problematico se non lo facessero.
I PMI flash rilasciati per il mese corrente, confermano la natura transitoria del rallentamento di gennaio: trainata dai servizi, l’economia globale torna a spingere, negando al momento una replica dell’accartocciamento macro sperimentato all’inizio del 2018.
Un balsamo per le prospettive degli EPS, reduci da un quarto trimestre ampiamente positivo e superiore alle aspettative della vigilia, sebbene non spettacolare come i quarti precedenti: il beat rate si attesta al 76%, più della media storica (72%), con un’espansione dei profitti operativi arrivata ora al +28.25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Siamo abituati però ad osservare la realtà attraverso il parabrezza, e non tramite lo specchietto retrovisore: le stime di EPS per il trimestre corrente sono grame (+5.2%), neanche quanto l’orientamento più che cauto sfornato dai CdA.
Ma l’argomento del momento è l’invasione subita dall’Ucraina, ed in questo contesto la Federal Reserve si ritrova sempre più lacerata da un dilemma: se aumenta i tassi di interesse concorre a restringere le condizioni finanziarie complessive, già deteriorate dal calo delle quotazioni azionarie nonché dall’ispessimento degli spread creditizi, nel momento in cui l’inflazione promette di raffreddarsi a breve. Se non lo facesse, si esporrebbe alla feroce critica degli osservatori di essersi reclusa nell’angolo, casomai gli indici dei prezzi al consumo dovessero continuare a salire.
Il dilemma più lacerante è però quello degli investitori, che non sanno bene se possano disporre ancora della Fed put; ovvero, più propriamente, dove si collochi il suo strike price. Il Nasdaq ha formalizzato un death cross, con la media a 50 giorni che ha penetrato quella a 200 giorni. Un segnale che gli analisti tecnici giudicano con timore ma che, almeno questo, non sembra aver superato i test di verifica. Insomma, non funziona.
La questione d’altro canto è abbastanza irrilevante, con una allocazione in azioni dimezzatasi rispetto all’anno abbondante di sovrappeso vantato da inizio novembre 2020 a fine novembre 2021. In questo contesto, la cautela comunque la fa da padrona.
Ieri però, almeno Piazza Affari ha convinto. L’indice è sprofondato, prima di essere interessato da un convinto flusso di acquisti. Al pari di diverse azioni, è stato registrato un setup di esaurimento del ribasso che nel passato si è sempre fatto ben apprezzare, come evidenzia il Rapporto Giornaliero di oggi. Conferma la rilevanza diremmo ormai strategica dei 26 mila punti di FTSE MIB. Da qui o si rimbalza, o si sprofonda.
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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