Supporti critici sotto pressione, nel momento in cui è raggiunta la scadenza ciclica del Delta System. La seduta di lunedì può essere considerata come quella del minimo, ma se non si manifestasse una conseguente reazione, le conseguenze sarebbero spiacevoli.
La scadenza ciclica di venerdì 20 agisce da calamita per le quotazioni. L’ipotesi di un sostanziale “doppio minimo” si confronta con la sequenza di massimi e minimi discendenti in essere ora vistosamente da agosto. È il momento che i listini azionari reagiscano con prontezza, onde scongiurare il peggio.
L’Eurostoxx si trova ad un passo dal transito da una condizione fisiologica di consolidamento, a quella di formale correzione: il ripiegamento dai massimi sfiorando ora il 10%. Mentre dall’altro lato dell’Atlantico lo S&P500 rischia di chiudere in negativo anche il mese di ottobre, dopo quelli di settembre ed agosto. Venendo da un saldo positivo a luglio, si tratta di una combinazione temporale rarissima: sperimentata soltanto altre tre volte dal 1950 ad oggi; l’ultima nel 2016.
Questa volta il mercato obbligazionario tiene meglio, pur subendo a sua volta le attenzioni dei venditori: il TLT, ormai adottato come benchmark, dai massimi cede ora il 52%, senza considerare le cedole erogate. In termini “total return” il bond market americano “di qualità” in questo momento punta al poco ambito titolo di secondo anno peggiore per gli investitori, alle spalle dell’imprendibile 2022. E dire che ad inizio anno c’era chi giurava che il 2023 sarebbe stato «l’anno dei bond»...
Evidentemente i tassi impattano molto più sulle small cap, dai bilanci meno patrimonializzati, e dalla maggiore difficoltà di negoziare l’onere del debito. Stando a quanto rileva Goldman Sachs, il debito a tasso variabile pesa per il 30% del totale mediamente fra le società del Russell 2000; appena per il 6% per quelle dello S&P 500; per le prime il rapporto fra debito netto ed utili operativi lordi (EBITDA) è pari a 2.9 volte, contro un rapporto di 1.7 per le società di maggiori dimensioni. Le small cap finiscono per risultare un trade a leva sulle prospettive del mercato obbligazionario.
Piazza Affari a sua volta ritorna sui suoi passi, sollecitando nuovamente la media mobile a 200 giorni. L’indice FTSE MIB è reduce da un segnale di vendita, scattato giusto due settimane fa; che però tipicamente contempla ulteriori progressi, prima dell’inversione di tendenza: che si manifesta in ogni caso con la penetrazione dell’argine visualizzato.
Ecco che abbandonare questi livelli avrebbe lo sgradevole sapore di una inversione della tendenza dei passati dodici mesi. Il modello basato sulle opzioni tuttora contempla un rally fino all’inizio della seconda metà del mese prossimo, ma sotto i 27 mila punti sarebbe opportuno adottare le dovute contromisure.
di Gaetano Evangelista
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