Nuovi massimi storici si registrano a Times Square, mentre il Dow Jones scende per otto giorni di fila. Il Growth torna a dominare, ma al contempo fa capolino l'Hindenburg Omen. Piccoli investitori entusuasti, mentre gli investitori istituzionali si leccano le ferite.
Fa discutere la persistente spaccatura di mercato negli Stati Uniti. Mentre il Nasdaq aggiorna i massimi storici, con lo S&P500 in congestione triangolare; il Dow Jones è costretto a subire un arretramento per l’ottava seduta consecutiva.
Gli ottimisti argomentano di rotazione settoriale in atto, con la tecnologia che torna a dominare, mentre i pessimisti denunciano la partecipazione di nuovo minoritaria al bull market: con le azioni in ribasso sul NYSE che hanno sopravanzato le azioni in rialzo per tutto il mese: 11 sedute di fila.
Arduo pervenire a conclusioni definitive. L’unico precedente analogo in termini di ampiezza di mercato dal 1990, risale a giugno 1996: e, come ben ricordiamo, un anno dopo Wall Street sarebbe salita del 35%. Ma non fa testo un singolo evento. In merito al decano degli indici di Wall Street, una sequenza negativa così prolungata, sebbene contenuta in termini di profondità, storicamente è stata sperimentata altre sei volte. Con i corsi miglioratisi sempre, tre mesi dopo.
Anche in questo caso la scarna casistica storica non autorizza conclusioni definitive. Si tratta perlopiù di una preferenza netta, degli investitori, per i temi Growth: cresciuti da inizio mese del 3.4%, mentre il Value ha ceduto il 4%. Ma non è tutto da derubricare, se si considera che ieri sera è stato registrato il quarto Hindenburg Omen nell’ultimo mese. Non siamo ancora a livelli di guardia, ma il fenomeno va monitorato da vicino.
Nel frattempo il calendario macro affollato impone la dovuta attenzione. Oggi l’attesa è per il dato sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti. Domani si riunirà il FOMC, giovedì conosceremo la lettura finale del PIL del terzo trimestre, mentre venerdì apprenderemo la variazione del PCE Deflator a novembre. Un ritmo serrato, che produce tensioni e stress difficilmente sopportabili: anche ai massimi livelli.
Ieri ha fatto notizia le dimissioni del ministro della Finanze canadese, in polemica con il premier sempre più traballante. Qualche settimana fa si è dimesso l’omologo tedesco, mentre in Brasile i rendimenti dei bond schizzano verso l’alto, proprio per effetti dei timori di tenuta dei conti dello stato. L’altro giorno nel frattempo Moody’s ha tagliato ad A2 il rating della Francia, proprio per l’incapacità di ridimensionare il disavanzo fiscale.
Il sentiment riflette queste contraddizioni. Negli Stati Uniti i ribassisti sono risultati numericamente prevalenti in sole due settimane, quest’anno. Il contrario di quanto sperimentato nel 2022. Gli investitori istituzionali al contrario non hanno granché festeggiato: secondo quanto riporta il LSEG, il 69% dei fondi comuni ha sottoperformato il benchmark nel 2024. Aurum invece calcola a +8.75% la performance media dell’universo degli hedge fund, in una annata da incorniciare, e per una categoria che di certo non lamenta vincoli operativi (ed è profumatamente pagata).
Il 2025 Yearly Outlook risponderà a queste ed a tante altre contraddizioni, delineando gli scenari di mercato più probabili per i prossimi dodici mesi. Come sempre, adottando un approccio metodico, consolidato, ma sempre oggettivo e se possibile scientifico.
Gaetano Evangelista - www.ageitalia.net