I crolli di mercato si indovinano un po' per caso

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 19/11/2021 12:27

Non c'è analista o gestore che replichi il successo basato su "chiamate" clamorose. Alla lunga paga il metodo, ed i modelli previsionali. Nel frattempo due minacce incombono: il nuovo massimo storico del Margin Debt, ed un lugubre Hindenburg Omen. C'é da temere?

Pur nell’ambito del consolidamento atteso nella seconda decade del mese, lo S&P500 riesce a conseguire un nuovo massimo storico: è il 66esimo, di questo straordinario ed indimenticabile anno. Soltanto il 1995 è riuscito a far meglio, ma mancano ancora alcune settimane alla fine dell’anno, e tutto può succedere.

Nuovi massimi anche per il Nasdaq e per la nostra beniamina Nvidia, che reagisce magnificamente al rilascio dei dati di bilancio, ed irrobustisce la performance conseguente all’ultimo segnale di acquisto dello scorso 2 novembre.
Ma non sono tutte rose e fiori. Il Dow Jones chiude in territorio negativo, mentre bancari, trasporti e small cap chiudono ai minimi delle ultime due settimane. Ciò suggerisce la probabilità di consolidamento nelle prossime due sedute. Poca cosa. Altri però sono i grattacapi per gli investitori.
Innanzitutto ieri sera, secondo le nostre stime, è stato formalizzato per la seconda seduta di fila un Hindenburg Omen, il temuto setup dei massimi che mancava da tempo, e che si attiva quando “qualcosa non va” in termini di struttura di mercato. Fosco presagio di una correzione in arrivo? ce ne occupiamo nel Rapporto Giornaliero di oggi.

In secondo luogo, la FINRA ha reso noto – con insolito anticipo – il dato di ottobre del Margin Debt: che evidenzia un notevole balzo ad un nuovo massimo storico. Secondo la narrativa prevalente, ciò rifletterebbe una propensione al rischio eccessiva da parte dei piccoli investitori, e di riflesso una minaccia per la struttura portante del rialzo. È davvero così? anche di questo ci occupiamo nel rapporto di oggi.
Nel frattempo gli Orsi mollano uno ad uno la presa. Russell Clark, celebrato ribassista per più di dieci anni, ha liquidato il suo hedge fund dopo aver visto il patrimonio decimarsi dai 3.2 miliardi del 2010 a circa 200 milioni di dollari. Micheal Burry, raffigurato nel cinematografico The Big Short, un po’ alla chetichella negli ultimi giorni ha liquidato in perdita gli short su Tesla e ARK. Il che conferma la sindrome di Garzarelli (la famosa analista che previde il crollo del 1987): si indovina un po’ per caso un crollo, prima di ritornare nell’anonimato.

Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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