Che succede quando si arriva a perdere il 15% a Wall Street?

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 15/04/2025 20:02

La situazione sul fronte dazi rimane fluida ed imprevedibile. Di fatto le prime due economie del pianeta hanno smesso di commerciare, e la politica monetaria risulta per il momento congelata: privando il mercato di un meccanismo compensatore.

Con il +5.7% della passata settimana, lo S&P500 si produce nel rialzo più vigoroso dell’ultimo quasi anno e mezzo. Occorrerebbe infatti risalire al 3 novembre 2023, quando Wall Street in analogo modo (+5.8%) uscì dalle secche dei mesi precedenti. La reazione degli ultimi giorni scongiura in extremis l’ingresso in formale territorio di bear market.
Merito senz’altro dei supporti sollecitati di recente: le proiezioni fra 4825 e 4880 punti, nonché il long stop trimestrale poco sotto i 4800 punti, soltanto avvicinato. Naturalmente la reazione, per quanto benvenuta, non esclude la possibilità di rigurgiti ribassisti: che rimangono l’evoluzione più probabile, in assenza di una credibile “spinta” (thrust) in termini di ampiezza benigna e Up Volume.

Nonostante i reiterati ed imbarazzanti passi indietro dell’amministrazione Trump, infatti, la situazione sul fronte dazi rimane fluida ed imprevedibile. Di fatto le prime due economie del pianeta hanno smesso di commerciare, e la politica monetaria risulta per il momento congelata: privando il mercato di un meccanismo compensatore che ha sempre cementato le probabilità di ripartenza dai minimi, tanto apprezzate nel passato.
Pechino ha chiarito che non reagirà con nuove misure ritorsive ad eventuali inasprimenti di Washington, segnalando che la circostanza altrimenti si rivelerebbe tanto grottesca quanto controproducente all’incrementare delle aliquote. Incredibile: la Cina fornisce lezioni sulla Curva di Laffer...
E forse non è un caso che si assista ad un’altra clamorosa separazione: quella fra il dollaro, liquidato, ed i rendimenti dei Treasury, in rialzo verticale. Un break-up sul quale ritorniamo in altra sede, e che però connota gli Stati Uniti con i tratti caratteristici dell’economia emergente: una divisa realizzata malgrado tassi di interessi in aumento. Roba da crisi di bilancia dei pagamenti.

Non aiuta l’ultimo aggiornamento dell’Università del Michigan, con la fiducia delle famiglie in caduta libera, e con le aspettative inflazionistiche, al +6.7%, ai massimi dalla crisi pandemica. Anche sul fronte occupazionale si registra un calo dei propositi di incremento occupazionale e degli investimenti. Un bel dilemma per la Federal Reserve.
Vedremo in che misura questo si rifletterà sulla guidance delle aziende che in questi giorni riporteranno i dati di bilancio. Wall Street è reduce da un declino che ha superato il 15% prima del recente rimbalzo. Il Rapporto Giornaliero di oggi offre una proiezione fino a fine anno sulla base dei 16 episodi analoghi registrati dal Dopoguerra. Una mappa da tenere bene a mente.

Gaetano Evangelista - www.ageitalia.net

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