PIL in rallentamento
Oggi sono usciti gli attesi dati sul PIL statunitense nel primo trimestre. Si tratta della prima stima, definita "advance" nella nomenclatura del Bureau of Economic Analysis (la sezione dello US Department of Commerce deputata a elaborare e pubblicare il dato): esistono altre due versioni, ovvero la "preliminary" e quindi la "final".
I tre dati sono pubblicati a distanza di un mese uno dall'altro. Il dato advance è quello più importante dato che i successivi normalmente non si discostano molto dal primo e soprattutto tendono a non cogliere impreparati analisti ed economisti, come invece accade al primo.
Il dato pubblicato a inizio pomeriggio è andato decisamente lontano dal consensus in quanto si è attestato a +1,6% (su base annua) rispetto al quarto trimestre 2023 contro il +2,5% atteso.
Si tratta di un brusco rallentamento rispetto al +3,4% registrato nell'ultimo quarto dell'anno passato e pone dubbi consistenti sullo stato di salute dell'economia americana, dubbi che fin qui non esistevano.
La disaggregazione del dato
Disaggregando i dati possiamo osservare che la congiuntura è stata sostenuta dai consumi personali (+2,5%, sebbene in rallentamento rispetto al +3,3% del quarto trimestre 2023) e dagli investimenti privati (+3,2% da +0,7%).
In netto rallentamento invece i consumi e gli investimenti pubblici (+1,2% da +4,6%) e scarso il contributo dall'interscambio con l'estero: le esportazioni hanno fatto segnare +0,9% da +5,1% mentre le importazioni sono balzate a +7,2% da +2,2%. Un importante contributo in senso negativo è arrivato dalle scorte del settore privato.
La dinamica dei dati e le decisioni della Fed
Il rallentamento della crescita USA dovrebbe delineare uno scenario favorevole alla riduzione dei tassi ufficiali: il rischio di surriscaldamento dell'economia viene meno e quindi l'azione accomodante della Fed risulta coerente con la situazione.
Invece il mercato ha ulteriormente allontanato nel tempo il primo taglio. Il CME FedWatch Tool assegna ora il 90-91% alla probabilità di tassi invariati nella riunione del FOMC del 12 giugno dall'83% di stamattina, il 29-30% di -25 bp nella riunione del 31 luglio dal 37% di stamattina e il 45% (dal 46-47% di stamattina) al primo taglio il 18 settembre.
Come si spiega?
La risposta è nei dati sull'indice PCE core, l'indicatore dell'inflazione preferito dalla Fed. Nel primo trimestre si è attestato a +3,7% contro il +2,0% del quarto trimestre 2023 e il +3,4% del consensus. Quindi crescita in rallentamento e prezzi in accelerazione: la combinazione peggiore possibile.
Dato che la banca centrale americana ha nel suo mandato quello del controllo dei prezzi al consumo è ovvio che il mercato tira le somme e vede meno probabile un taglio dei tassi.