Uber è stata accolta nell'indice S&P 500 di Wall Street, che comprende le 500 aziende più valorizzate. Questo rappresenta un importante avanzamento per la nota azienda di servizi di mobilità, che nel corso degli anni ha esteso la sua influenza e acquisito milioni di clienti a livello globale. L'ingresso ufficiale avverrà il 18 dicembre, e vedrà Uber prendere il posto di Sealed Air. Uber non sarà l'unica nuova entrata nell'indice, si uniranno a lei anche Jabil e Builders FirstSource, come parte del normale riaggiustamento trimestrale dell'indice.
Gli utili del 2023
Da inizio anno, il titolo di Uber è aumentato del 130% e portato la capitalizzazione oltre i 118 miliardi di dollari. "Sono estremamente orgoglioso. È un modo fantastico di iniziare il fine settimana", ha dichiarato soddisfatto l'amministratore delegato Dara Khosrowshahi. Il titolo di Uber ha festeggiato anche in Borsa, con un incremento fino al 7,3% nelle contrattazioni after hours, grazie ad una corsa che ha visto la società guadagnare il 130% dall'inizio dell'anno, in parte dovuto all'attesa dell'ingresso nell'S&P 500.
Gli analisti di Wall Street avevano previsto l'inserimento di Uber nell'indice dopo i positivi risultati del terzo trimestre, che hanno mostrato il secondo trimestre consecutivo di redditività, uno dei requisiti necessari per l'inclusione nell'S&P 500.
Il successo di Uber stupisce
Uber ha accumulato perdite per circa 30 miliardi di dollari dal 2014, anno in cui ha presentato per la prima volta i suoi bilanci annuali. Nonostante ciò, ha continuato ad operare e a espandersi grazie alla fiducia dei suoi azionisti e alla disponibilità di liquidità a costo quasi nullo, frutto delle politiche accomodanti delle banche centrali. L'aumento dei tassi d'interesse negli ultimi due anni ha spinto Uber e altre aziende simili a rivedere i loro piani di investimento e a intraprendere politiche aggressive di riduzione dei costi.
I concorrenti
Nonostante le buone performance finanziarie ed economiche di Uber, l'azienda ha incontrato diverse difficoltà, in particolare nel settore del food delivery, a causa della forte concorrenza e di alcuni procedimenti giudiziari. Infatti, in Italia, Uber Eats è stata commissariata dal Tribunale di Milano con l'accusa di sfruttamento dei lavoratori. Tre anni dopo, Uber ha deciso di chiudere le sue attività in Italia a causa della crescita insoddisfacente.
Gli ostacoli in Europa
Uber e altre aziende della "gig economy" potrebbero dover affrontare difficoltà normative in Europa. Infatti, a giugno, i governi dell'UE hanno raggiunto un accordo su una bozza di direttiva che prevede che i lavoratori delle piattaforme digitali siano considerati dipendenti e non più autonomi, con tutte le relative tutele legali, previdenziali e retributive, se rispettano almeno tre dei sette criteri stabiliti. Al momento, il 90% del personale delle piattaforme europee è composto da lavoratori autonomi che, in metà dei casi, guadagnano meno del salario minimo e non vengono pagati per le ore passate in attesa di un incarico.
(Redazione)