Telecom Italia ha offerto dettagli aggiuntivi sulla vendita della sua rete fissa (Netco) a KKR, accordo valutato 18,8 miliardi di euro. Il consiglio di amministrazione ha approvato la decisione il 5 novembre e si prevede la chiusura dell’operazione nell'estate del 2024.
Gli sviluppi dell'accordo KKR
Secondo le valutazioni di Morningstar, il valore di Netco potrebbe raggiungere i 22 miliardi di euro nel caso di una fusione parziale o totale con la rete di Open Fiber. Quest'ultima fusione risulterebbe particolarmente positiva evitando la doppia presenza di reti.
L’affare con KKR consentirà a TIM di mantenere la propria posizione di fornitore di servizi su questa rete e, contemporaneamente, di ridurre il debito netto, da 20,6 miliardi di euro a 6,4 miliardi di euro. Il rapporto debito netto/Ebitda calerà da 4 a 2 volte, allineandosi con la media delle società di telecomunicazione europee.
Dopo l'accordo con KKR, la divisione di servizi di TIM (ServiceCo) avrà 13,5 miliardi di euro di entrate annuali e un Ebitda post-costi di locazione (EBITDAaL) di 3,2 miliardi di euro.
Le conseguenze della fusione
La nuova entità risulterà meno redditizia, con TIM che diventerà un fornitore di servizi senza una propria rete, e con un EBITDAaL di 3,2 miliardi di euro, rispetto ai precedenti 5,4 miliardi di euro. Il margine operativo si attesterà al 24%, a fronte del precedente 35%. Tuttavia, l'intensità di capitale sarà ridotta, con le spese in conto capitale che scenderanno dal 23% al 14%.
L'azienda prevede un incremento del 10% annuo dell'EBITDAaL dopo la transazione, asserzione che riteniamo troppo ottimistica, data la concorrenza nel mercato italiano e le precedenti mancate realizzazioni degli obiettivi da parte del management.
Il margine dell’EBITDAaL del ServiceCo è paragonabile a quello dell’unità Consumer di BT, anch’essa senza rete fissa.
Anche se l'accordo con KKR è una buona notizia per Telecom Italia, data la necessità di ridurre il peso del debito, restiamo scettici riguardo lo sviluppo del mercato italiano a lungo termine, caratterizzato da una forte concorrenza e pressione sui ricavi e margini di profitto.
La divisione Sparkle, che gestisce le reti sottomarine, non è inclusa nell'accordo, ma potrebbe contribuire a un'ulteriore riduzione del debito finanziario se si raggiungesse un accordo entro dicembre. Alla luce di queste considerazioni, manteniamo la stima del fair value di TIM a 0,25 euro.
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(Redazione)