Riforma fiscale: in arrivo aumento di potere d'acquisto per redditi medio-bassi

Eleonora Corazzi Eleonora Corazzi - 05/10/2023 09:30

Riforma fiscale: in arrivo aumento di potere d'acquisto per redditi medio-bassi

Per coloro che percepiscono un reddito annuo lordo di 25mila euro, è come se ricevessero quasi un salario extra, mentre per chi guadagna 35mila euro rappresenta più di tre quarti del reddito. Questo è il risultato dell'attuazione congiunta della conferma della riduzione del cuneo fiscale e dell'abolizione dell'aliquota Irpef del 25%, con conseguente estensione dell'aliquota minima del 23% ai redditi fino a 28mila euro lordi all'anno. In sintesi, i 14 miliardi di euro che secondo le previsioni dovrebbero essere destinati a queste due misure nel 2024 avranno un impatto significativo sul potere d'acquisto delle fasce di reddito medio-basse. 

 

Il primo ministro Giorgia Meloni ha confermato a Sky Tg24 l'intenzione di avviare il processo che porterà alla riduzione degli scaglioni Irpef con queste parole: "Vorrei includere già nella legge finanziaria una prima applicazione della riforma fiscale, la prima che abbiamo realizzato, attesa da 50 anni. Dobbiamo metterla in atto".

 

 Un recente studio della Fondazione nazionale dei Commercialisti ha simulato gli effetti di queste innovazioni. Per i redditi fino a 15mila euro lordi annui, il vantaggio esistente, stimato tra 62 e 67 euro netti al mese, rimarrebbe invariato in quanto non ci sarebbero modifiche all'aliquota applicata. Per un reddito di 20mila euro lordi annui (circa 1.400 euro netti mensili), il beneficio sarebbe di 7 euro al mese, passando da 77 a 84 euro in più in busta paga, pari a 1.092 euro all'anno per 13 mensilità. 

 

A 25mila euro lordi annui (l'ultimo limite per l'applicazione della riduzione del cuneo del 7%), si passa da 96 a 112 euro in più al mese, ovvero 1.456 euro all'anno, quasi l'equivalente di un salario. Superando i 25mila euro, la riduzione del cuneo si attenua, ma lo sconto Irpef con l'applicazione dell'aliquota del 23% diventa più significativo, passando da 90 a 112 euro in busta paga, un aumento di 22 euro che compensa la minore riduzione contributiva. Lo stesso vale per il limite massimo di 35mila euro lordi annui (circa 2.000 euro netti al mese), che passa da 99 a 120 euro in più (1.560 euro all'anno). 

 

Oltre 35mila euro, non ci sono sconti contributivi, ma l'aliquota Irpef inferiore vale 22 euro (286 euro all'anno). I 14 miliardi di euro destinati a queste due misure, oltre ad impegnare quasi tutto il margine di deficit (15,7 miliardi), correggono una distorsione intrinseca a tutte le fiscalizzazioni degli oneri previdenziali e assistenziali. Infatti, i minori contributi versati aumentano l'imponibile Irpef. Non a caso, la riduzione del cuneo di 4 miliardi per il secondo semestre del 2023 è parzialmente finanziata dal maggior gettito Irpef di 1,1 miliardi.

 

Naturalmente, per migliorare il potere d'acquisto delle famiglie, occorre considerare anche i redditi superiori a 35mila euro lordi all'anno. In base alle disponibilità finanziarie che si riusciranno a reperire, si potranno seguire tre percorsi alternativi: potenziare l'assegno unico per i figli a partire dal terzo (come già annunciato dalla ministra Roccella), prevedere degli sconti Irpef mirati o avviare una sperimentazione del quoziente familiare, riducendo l'imposta in base al numero dei componenti del nucleo. 

 

Più risorse si riusciranno a recuperare, più ne beneficeranno anche i redditi medi, che attualmente sono i più penalizzati dall'assetto attuale dell'Irpef. Il Dipartimento delle Finanze sta considerando varie opzioni. La prima riguarda un ulteriore abbassamento della soglia di decalage delle detrazioni fiscali che attualmente si annullano progressivamente nella fascia compresa tra 120mila e 240mila euro di reddito lordo annuo. Si cercherà di proteggere le spese sanitarie, quelle per l'efficientamento energetico e i mutui per la prima casa. La seconda strada è una revisione degli sconti fiscali che attualmente sono 626 e valgono 82 miliardi. Se si eliminassero quelli con un importo inferiore a 100 milioni, l'impatto sui beneficiari sarebbe negativo con conseguenze inevitabili sul consenso del governo. Una riduzione potrebbe essere ottenuta anche abbassando l'ammontare medio di sconti per ogni contribuente, che sarebbe chiamato a scegliere dove risparmiare.

 

(Redazione)

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