Dalla Corte di Cassazione una boccata di ossigeno per chi vorrebbe andare in pensione anche se è disoccupato, grazie a una sentenza "benevola" della Corte.
Ovviamente non è un via-libera per tutti i disoccupati: bisognerà rientrare nel caso accennato dalla sentenza per poter beneficiare di questa nuova opportunità.
Vediamo infatti di cosa tratta questa sentenza, e come rientrare nel caso citato dalla Cassazione.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di MiaPensione.
Pensioni, la sentenza della Cassazione a favore del disoccupato
Con la sentenza n. 24950 del 2024 i giudici della Corte di Cassazione hanno previsto per chi è disoccupato l'accesso (anche) all'Ape Sociale, ovvero l'Anticipo Pensionistico Sociale.
O meglio, per chi è disoccupato ma non ha preso la Naspi, la Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego.
Facciamo un piccolo preambolo. Stando alla normativa vigente, l'accesso all'Ape Sociale è previsto per il pensionato che è:
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convivente con familiare disabile;
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lavoratore con almeno 36 anni di anzianità contributiva di cui almeno 7 degli ultimi 10 anni impegnato in professioni gravose;
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Ma attenzione. Oltre a essere "disoccupato", per accedere all'Ape Sociale il richiedente deve avere concluso integralmente la sopraccitata prestazione per la disoccupazione.
Ma solo una volta che è cessata l'erogazione e sono trascorsi almeno 3 mesi, il disoccupato può fare domanda per l?Ape Sociale.
E se non avesse percepito alcuna indennità? Fino a poco tempo fa avrebbe avuto il diniego della domanda dall'INPS, dato che la percezione della Naspi è un requisito fondamentale ai fini dell?accesso all?Ape Sociale.
Ora, però, con la sentenza della Cassazione il diritto all'accesso si estende anche a chi non l'ha presa.
Pensioni, quali uscite ci sono per chi è disoccupato
Come abbiamo visto, per chi è disoccupato l'uscita principale è quella di Ape Sociale.
In alternativa ci sarebbe la R.I.T.A, che in parte funziona come l'Ape, anche se con requisiti completamente diversi.
Ad esempio, alla data di presentazione della domanda di accesso, bisogna, sì, aver cessato l'attività lavorativa (quindi essere disoccupato), ma bisogna anche aver raggiunto l'età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza "entro i cinque anni successivi alla cessazione dell?attività lavorativa", come precisa il COVIP.
Oltre a ciò, è necessario avere almeno 20 anni di contribuzione nei regimi obbligatori di appartenenza, e (ovviamente) almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare della RITA.
Altrimenti, oltre alla conclusione del lavoro, bisognerà aver maturato un periodo di inoccupazione post-cessazione di almeno 2 anni. E aver raggiunto sempre la citata età anagrafica ma stavolta "entro i dieci anni successivi al compimento del periodo minimo di inoccupazione".
Mentre in linea di massima, teoricamente tutte le pensioni garantiscono l'accesso ai disoccupati: basta solo maturare i requisiti anagrafici e contributivi per potersi ritirare.
Pensioni, le penalizzazioni per chi è disoccupato
Per quanto sia una bella notizia il fatto che la Naspi non precluda più l'accesso all'Ape Sociale, ancora vige tuttora una problematica importante per i pensionati che sono disoccupati.
Ovvero il fatto che la Naspi possa in certi casi essere un "ostacolo" per andare in pensione anticipata.
Perché la Naspi riconosce durante la disoccupazione solo contributi figurativi, cioè accantonati non dal datore di lavoro (come nel caso degli effettivi) ma dall'INPS stessa.
Ed è un problema, perché se si esce con uscite previdenziali che prevedono almeno 35 anni di contributi effettivi, averne anche un mese di soli figurativi tra questi 35 anni ci impedirebbe di poter andare in pensione.
Nonostante negli ultimi tempi la stessa Corte si fosse pronunciata in merito, ancora oggi è in vigore questa "scorrettezza" nei confronti del pensionato.