Quando si fa richiesta di pensionamento (o addirittura di prepensionamento) basta poco per commettere un errore anche grave.
Come nel nostro caso: se si commette infatti questo errore su questa richiesta di prepensionamento, potrai comunque ripresentare la domanda, ma ti toccherà uscire dal lavoro con 3 mesi di ritardo.
Una bella beffa, che però si può evitare se fai attenzione a questi particolari.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento a Canale Notizie.
Pensioni, l'errore che ti costa 3 mesi di ritardo per uscire
L'errore in questione riguarda un impiccio burocratico previsto nel caso di adesione a Quota 97,6.
Si tratta di un'uscita previdenziale che permette di ritirarsi prima dal lavoro una volta raggiunti almeno 61 anni e 7 mesi di età e maturati 35 anni di contributi.
Ma solo per i lavoratori di mansioni usuranti, un po' come nel caso dell'Ape Sociale. Sempre l'INPS ha precisato quali lavoratori possono ritirarsi con Quota 97,6, e anche cosa fare per ritirarsi.
In particolare, se aderisci a Quota 97,6 sei tenuto a presentare la domanda di certificazione del diritto di uscita, come precisa anche il sito Investire Oggi.
Questa domanda è vincolante: se non viene presentata in tempo, l'INPS non potrà procedere all'autorizzazione (e alla successiva erogazione) della pensione anticipata, invitandoti pertanto a ripresentare la domanda in una nuova occasione. Quando? Tra uno a tre mesi.
Basta che ti dimentichi di questa domanda per ritrovarti con un ritardo di ben 3 mesi. E questo perché, alla stregua dell'Ape Sociale, ci sono delle finestre di accesso per quest'uscita.
Nel caso di Quota 97,6, la domanda va presentata entro il 1 maggio di ogni anno. Se si supera questa data, scattano i vari "ritardi", che vanno da un mese se presenti la domanda dal 1 al 30 giorni successivo alla scadenza del 1 maggio, fino a 3 mesi se oltre il 60 giorno.
Ad esempio, se oggi dovessi scoprire di questa domanda da presentare, essendo passati ben oltre 2 mesi dalla scadenza, ti toccherà uscire nel 2025 inoltrato.
Pensioni, occhio ai contributi figurativi per Quota 97,6
Altro "errore" da evitare è quello del computo degli anni previsti per il requisito contributivo.
Ufficialmente sono 35 anni di contributi, e per fortuna è possibile mescolare anni contributivi effettivi con quelli figurativi. Per la cronaca, quelli effettivi sono quelli versati dal datore di lavoro, mentre quelli figurativi sono quelli "a carico" dell'INPS in caso di malattia o disoccupazione.
Nel caso di Quota 97,6, bisogna fare dei distinguo tra figurativi e "completamente" figurativi, perché, come precisa SKY TG24,
"[...] non sono considerati [nel computo] quelli completamente figurativi, come durante la mobilità".
In questo caso devi fare attenzione se hai alcuni mesi o anni contributivi "completamente" figurativi. Perché potrebbero impedirti di uscire dal lavoro, a patto di non tornare alla tua mansione per coprire il buco contributivo lasciato.
Pensioni, uscire dal lavoro diventa sempre più un campo minato
Quando si vuole andare in pensione anticipata purtroppo oggi tocca controllare ogni requisito se si vuole aderire a un'uscita anticipatoria.
Impicci e particolarità burocratiche come quelle sopraccennate sono infatti all'ordine del giorno, e possono davvero rovinare la vita di un lavoratore.
Purtroppo, come dice il detto, la legge non ammette ignoranza, pertanto l'onere di informarsi ricade comunque sul cittadino.
La strada migliore in questi casi sarebbe quella di lasciar perdere ogni uscita anticipata e aspettare il 67esimo anno d'età, così da ritirarsi con la Pensione di Vecchiaia.
Ma si tratterebbe di una soluzione non fattibile per tutti i lavoratori, soprattutto per quelli che svolgono lavori davvero usuranti e che (comunque sia) hanno raccolto un sacco di contributi, ben più di quelli previsti per la Vecchiaia. E che, proprio per questo, hanno il diritto a ritirarsi prima.
Il problema è che in futuro i lavoratori dovranno davvero lasciar perdere le pensioni anticipate, perché lo Stato le vede come un enorme costo per le Casse (tra salvaguardie e Quote anticipatorie, lo Stato ha dovuto sborsare circa 25 miliardi secondo le stime del Corriere della Sera), e quindi da sostenere il meno possibile.
Non a caso, negli ultimi anni quasi tutte le Opzioni e Quote sono state penalizzate, così sempre meno persone le richiederanno, e sempre meno soldi verranno sborsati.