Le minacce alla prosperità del dopoguerra
Nel suo intervento presso l’Università degli Studi di Roma Tre in occasione del conferimento della laurea honoris causa in scienze giuridiche banca e finanza, il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ha svolto alcune interessanti riflessioni sull'attuale fase economica (e non solo) e sugli scenari futuri.
Gli eventi degli ultimi 15-20 anni hanno messo a dura prova i pilastri su cui è stata fondata la prosperità del dopoguerra: apertura commerciale (detta globalizzazione), crescita economica e stabilità geopolitica.
Globalizzazione, crescita e stabilità
La globalizzazione, secondo Panetta, è stato un motore di prosperità.
Favorita inizialmente da una serie di accordi multilaterali e dalla creazione di organismi come Banca Mondiale (1945), Fondo monetario internazionale, OCSE e poi dalla fine della guerra fredda ha poi subito l'accelerazione decisiva grazie alle "partecipazione di nuovi paesi al commercio mondiale − in primis la Cina, che nel 2001 ha aderito alla WTO".
Le cifre chiariscono meglio delle parole la trasformazione del sistema economico: il commercio internazionale in rapporto al PIL globale è passato dal 20 per cento del 1950 al 34 nel 1975 per toccare il 57 e nel 2021.
Lo sviluppo delle relazioni commerciali ha favorito la crescita economica ma questo non sarebbe stato possibile se il contesto geopolitico non avesse fornito adeguate garanzie gli operatori.
Il circolo vizioso che minaccia l'Europa
Negli ultimi anni l’indebolimento della crescita nelle economie avanzate rispetto alla fase brillante di espansione del dopoguerra, culminato nella crisi finanziaria del 2007-2008 ha spesso generato "l’erronea percezione che lo sviluppo sia un fenomeno “a somma zero”, ossia che vantaggi per uno o più lavoratori possano essere ottenuti soltanto a danno di altri".
Questa dinamica è sfociata in divisioni sociali ha ispirato "misure contrarie alla globalizzazione e all’immigrazione, contribuendo alla polarizzazione politica che oggi osserviamo in più paesi".
Disagio sociale ed economico, insicurezza, perdita di rilevanza economica e politica di alcuni paesi e regioni del mondo sono sovente causa delle tensioni geopolitiche che alimentano il circolo vizioso: la frammentazione del commercio globale che ne deriva crea restrizioni al commercio a danno soprattutto dei Paesi e aree (come l'Europa) che dipendono dalle importazioni di materie prime e prodotti essenziali.
Tre mosse per evitare il peggio
Come se ne esce? Per Panetta è necessario rafforzare l’economia europea in primo luogo riconsiderando un modello di crescita che negli "ultimi due decenni [...] ha fatto eccessivo affidamento sulla domanda estera e ha penalizzato la domanda interna, al contrario degli Stati Uniti".
In secondo ordine garantendo la sua autonomia strategica: non si "può più fare affidamento su un’offerta stabile di risorse energetiche importate a basso costo e rimanere dipendente dai combustibili fossili.
Occorre incrementare la produzione di energia pulita senza escludere alcuna tecnologia"; potenziale la specializzazione nelle produzioni alla frontiera tecnologica; riconfigurare la partecipazione alle catene globali del valore puntando sulle regioni meno sviluppate d’Europa; gestire in modo coordinato i flussi migratori al fine di vincere la sfida dell’invecchiamento e del calo della popolazione.
Infine occorre rafforzare la capacità di garantire autonomamente la sicurezza esterna.