FMI rivede al ribasso le previsioni
Si addensano le nubi all'orizzonte per la crescita globale. Oggi il Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato il World Economic Outlook con l'analisi della situazione e l'aggiornamento delle stime per il 2022 e 2023. Nella prima metà del 2022 gli elementi di incertezza sono aumentati in numero e intensità determinando una flessione dell'attività economica.
Innanzitutto la crescita dell'inflazione a livelli che non si vedevano da alcuni decenni. A questo si sono aggiunti gli shock relativi ai lockdown in Cina, con conseguente rallentamento dell'attività commerciale globale, e soprattutto alla guerra in Ucraina, con il corollario di sanzioni contro la Russia decise dal blocco occidentale e la ritorsione su gas e materie prime alimentari.
Le nuove stime per 2022 e 2023
Tutto ciò determina una revisione al ribasso delle stime di crescita: dopo il +6,1% del 2021 il PIL mondiale è ora atteso a +3,2% nel 2022 e +2,9% nel 2023 (da +3,6% in entrambi gli anni stimati ad aprile, e da +4,4% e +3,8% a gennaio); il PIL USA a +2,3% e +1,0% (da +3,7% e +2,3%, +4,0% e +2,6%) dopo il +5,7% del 2021; il PIL della Cina dal +8,1% del 2021 a +3,3% e +4,6% (da +4,4% e +5,1%, e +4,8% e +5,2%); il PIL eurozona dal +5,3% del 2021 a +2,6% e +1,2% (da +2,8% e +2,3%, +3,9% e +2,5%); il PIL dell'Italia dal +6,6% del 2021 a +3,0% e +0,7% (da +2,3% a +1,7%, +3,8% e +2,2%).
Uno scenario ancora peggiore ma plausibile
Ma non è tutto.
Rispetto allo scenario base riassunto nelle previsioni elencate sopra i rischi sono decisamente pendenti verso il basso: la Russia potrebbe interrompere le forniture di gas all'Europa, ridurre l'inflazione potrebbe essere più difficile del previsto, l'aumento dei tassi potrebbe mettere pressione sui debiti più consistenti, il ritorno di focolai Covid potrebbe bloccare di nuovo la Cina, le tensioni geopolitiche potrebbero danneggiare commercio e interscambio.
In questo scenario, che per il FMI è plausibile, la crescita mondiale potrebbe rallentare a +2,6% nel 2022 e +2,0% nel 2023, posizionandosi nel 10% dei risultati peggiori dal 1970.
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