Crisi dei chip? La risposta di Broadcom è lo shopping. Il produttore californiano di semiconduttori (prevalentemente per le telecomunicazioni), confermando le indiscrezioni del Wall Street Journal dei giorni scorsi, ha comunicato di avere raggiunto l'accordo per il takeover di VMware per 61 miliardi di dollari.
L'obiettivo di Broadcom? Puntare su software e servizi (VMware è specializzata in cloud computing e virtualizzazione), segmento decisamente più profittevole del suo core business, ovvero i chip.
Si tratterebbe di una delle maggiori acquisizioni di sempre per il settore tecnologico, dopo quella da quasi 69 miliardi di dollari di Activision Blizzard da parte di Microsoft (annunciata a inizio 2022) e quella di Dell Technologies da 67 miliardi su Emc Corporation nel 2016.
Per altro quest'ultima riguardava già VMware (di proprietà di Emc dal 2004), che è stata separata lo scorso anno proprio da Dell. Il che fa di Michael Dell il maggiore azionista di VMware (con il 40,2% del capitale) e quindi il primo beneficiario del deal con Broadcom.
Broadcom punta su cloud e software.
Compra VMware per 61 miliardi.
Da parte sua Broadcom non è nuova allo shopping. Tutt'altro. La società di San Jose ha sempre basato la sua strategia sulle acquisizioni. Le più recenti sono quella da 18,9 miliardi di dollari su Ca Technologies nel 2018 e quella sulle attività enterprise di Symantec, acquistate per 10,7 miliardi nel 2019.
Nel mezzo, va ricordato, Broadcom aveva tentato il colpo grosso, lanciando un'Opa ostile da 117 miliardi di dollari su Qualcomm. Nel marzo 2018 era stato però l'allora presidente Usa Donald Trump a mettersi di mezzo, citando possibili minacce alla sicurezza nazionale di Washington.
Trump, sulla base delle raccomandazioni del Committee on Foreign Investment in the United States (Cfius), aveva dichiarato che "ci sono prove credibili" che Broadcom attraverso il controllo di Qualcomm "potrebbe prendere provvedimenti che minaccino di compromettere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti".
Dopo lo stop di Trump su Qualcomm, Broadcom punta su VMware.
Era il periodo in cui Trump lanciava la miope guerra commerciale contro la Cina e la colpa di Broadcom, oltre alle relazioni d'affari con Huawei Technologies, era quella di essere parzialmente "cinese".
Nonostante Broadcom partisse come divisione niente meno di Hewlett-Packard più di 60 anni fa, nel 2016 si era poi fusa con Avago, anch'essa azienda californiana ma creata da Tan Hock Eng (ancora oggi chief executive di Broadcom), nato in Malaysia, cittadino americano (lauree a Massachusetts Institute of Technology e Harvard), di etnia cinese però.
Ora Trump non c'è più e dopo oltre un anno il successore Joe Biden sta finalmente considerando di rimuovere anche i dazi imposti contro la Cina (che in tempi d'inflazione alle stesse non fanno che colpire i cittadini americani) e forse Broadcom spera di chiuderla quest'operazione.
Broadcom torna allo shopping e punta tutto sul software di VMware.
L'offerta di Broadcom è per metà in contanti e per metà in azioni proprie e garantisce un premio del 32% rispetto alla media ponderata del titolo VMware a Wall Street negli ultimi 30 giorni.
Il valore complessivo del deal sale a 69 miliardi, considerando anche l'assunzione di 8 miliardi di debito della preda da parte di Broadcom. Michael Dell e Silver Lake (secondo azionista con il 10% circa) hanno garantito l'appoggio al deal, condizionato all'approvazione del board di VMware, che per altro ha un periodo di go-shop fino al 5 luglio (in cui ricevere o sollecitare offerte alternative).
In caso di successo gli azionisti di Broadcom avranno l'88% del capitale della società che nascerà dall'integrazione delle attività dei due gruppi. E Broadcom ha spiegato di volere mantenere il marchio VMware, in cui verranno integrate le soluzioni di infrastrutture e software di sicurezza (gli asset di Symantec) che attualmente fanno capo al produttore di chip.