Sempre più all'attenzione le filiere dei microprocessori dopo le tensioni su Taiwan. All'attenzione per TSMC, il colosso taiwanese fra i protagonisti della tecnologia globale, si è arrivati dopo due anni di chip shortage e crisi di approvvigionamento che hanno messo in crisi diversi settori industriali.
Eppure secondo un report recente di S&P Ratings adesso la forte domanda registrata nell'ultimo anno potrebbe rallentare e alleggerire la pressione su diversi comparti.
Adesso la situazione si sta calmando, meno shock sulla supply chain per il Covid in Cina, domanda prevista in rallentamento, aumenti della capacità produttiva all’orizzonte.
Ma sarà forse la politica di magazzino in reazione a questo scenario che farà la differenza.
Sia quella dei colossi che danno in outsourcing la produzione perché non hanno impianti di produzione di chip propri, le famose "fab", come AMD, Nvidia o Broadcom; sia quella dei produttori diretti che fondo il silicio dell'industria dei semiconduttori come TSMC o il colosso coreano integrato Samsung.
Secondo S&P Ratings, l’inventory turnover (il numero di giorni in cui un prodotto viene tenuto in magazzino) dei maggiori produttori di semiconduttori senza fab di proprietà (come appunto Qualcomm o Broadcom) è schizzato con le crisi a 83 giorni di media, ma ora all’affievolirsi delle tensioni, questo numero potrebbe scendere, gli stock dovrebbero flettere e la shortage dovrebbe venire meno. I 75 giorni circa di turnover delle scorte dei pure-player come TSMC restano per ora stabili, ma potrebbe seguire una normalizzazione. Saranno le maxi scorte dei senza fab a fare la differenza però, intanto perché riguardano stock da quasi 15 miliardi di dollari contro gli 11 mld di tutti gli altri messi assieme, poi perché la dinamica in questo caso viene dalla domanda, mentre gli aumenti di capacità procedono secondo i piani e molti potrebbero maturare quest’anno.
Con il rischio anche che chi produce i prodotti più diffusi e maturi possa trovarsi paradossalmente in un contesto di sovrafornitura che potrebbe mettere in crisi qualche bilancio (S&P paventa rischi affini per UMC e SMIC). La specializzazione e la qualità delle tecnologie, spesso collegata a macchinari costosissimi come quelli per la litografia ultravioletta estrema, potrebbero fare la differenza e regalare un vantaggio competitivo proprio nei settori strategici di 5G, internet delle cose, auto elettriche e high-performance-computing.
Per S&P, TSMC potrebbe vedere un balzo dei ricavi del 30% nel 2022, fino a circa 62-64 miliardi, contro i 215-220 miliardi di dollari attesi da Samsung (in calo ma soprattutto comprensivi di tutte le altre attività del gruppo coreano) e i 73-75 miliardi di Intel (anch’essa in calo).
Margini superiori – ebitda margin del 69-70% contro il 29-31% di Samsung e il 37-39% di Intel – dovrebbero sancire una vittoria taiwanese anche sul fronte dei profitti. Le decine di miliardi in arrivo per nuovi impianti negli Stati Uniti e in Europa non potranno fare subito grandi differenze.
Ma la verità che sta alla base di questo successo prevedibile è semplicemente che - a differenza di molti operatori del settore e in parte di Samsung - in TSMC sono già attrezzati.
@Foto articolo