Bayer, il taglio delle stime del 2023
Per il 2023 l’outlook sui ricavi passa dalla forchetta 51-52 miliardi a quella dei 49,5-49,5 miliardi: nel middle point: significa una sforbiciata del 4,85% circa.
L’ebitda al netto delle poste straordinarie (e dell’effetto cambio) passa dal range 12,5-15,0 miliardi di euro a quello di 11,3-11,8 miliardi: vuol dire un taglio del 9,4% circa.
L’eps adjusted previsto passa infine dall’intervallo 7,20-7,40 euro a quello dei 6,20-6,40 euro: ossia una revisione dell’utile per azione atteso del 13,7% quasi.
E non è finita.
Bayer, il secondo trimestre è stato terribile
Il prossimo 8 agosto sarà torrido per Bayer e questo non aiuterà le vendite di glifosato.
Quel giorno saranno pubblicati i dati ufficiali del secondo trimestre che però sono stati in parte anticipati dal profit warning di ieri sera.
“Ulteriori cali dei prezzi e minori volumi dovuti al de-stocking del canale, specialmente per i prodotti a base di glifosato, così come le sfavorevoli condizioni metereologiche hanno aumentato la pressione”.
Sulla base dello sviluppo del mercato quindi Bayer si aspetta dunque una svalutazione dell’avviamento di ben 2,5 miliardi di euro, ossia una perdita netta del gruppo di circa 2 miliardi di euro nel secondo trimestre.
Una botta praticamente.
Basti pensare che l’ottimo anno 2022 si era chiuso con un utile dalle operazioni ordinarie di 4,15 miliardi di euro.
Da aprile a giugno il gruppo si aspetta ricavi da circa 11 miliardi di euro e un ebitda ordinario da circa 2,5 miliardi, con un eps adjusted di 1,2 euro e soprattutto un free cash flow negativo per mezzo miliardo.
Bayer, le ragioni del taglio delle stime e il glifosato
Ecco sostanzialmente il famoso (per alcuni famigerato) diserbante ereditato dalla Monsanto, il glifosato appunto o se si preferisce il Roundup, è la fonte dei guai.
Utile specificare che già da molti anni il brevetto del glifosato è terminato, quindi non si tratta di un prodotto che garantisca introiti da licenza, ma sono i volumi che contano.
Così le condizioni climatiche secche hanno falciato la domanda di diserbanti e pesticidi.
Inoltre il mercato ora ricresce, ma cresce anche la competizione e si sono registrati grossi problemi con la produzione in Cina.
Che qualcosa non andasse si era capito da un pezzo però
Il primo trimestre aveva visto i ricavi in calo dell’1,1% a cambi costanti e i volumi in calo del 5,8% che non bilanciavano la crescita dei prezzi del 4,7% Male soprattutto l’Asia/Pacifico (la Cina cominciava a deludere dopo gli entusiasmi di fine politica zero-Covid) e l’ebitda perdeva addirittura il 18,4% a 4,32 miliardi, nella versione adjusted il 14,9% a 4,47 miliardi.
L’ebit crollava del 29,4% e l’utile netto del 33,8% a 2,178 miliardi di euro.
L’annuncio era dell’11 maggio scorso, un avvio di 2023 al rilento era atteso e il 28 aprile il CEO Werner Baumann aveva affermato di fronte ai soci: “Bayer ha eccellenti prospettive per il futuro”.
Ma si trattava di un canto del cigno di contorno.
Già dal 2 febbraio la stessa Bayer aveva annunciato che da questo primo giugno sarebbe stato l’ex Roche Bill Anderson a prendere il posto di Baumann, manager storico di Bayer, finito sotto accusa proprio per il suo ruolo di punta nell’acquisizione di Monsanto per 63 miliardi di dollari nel 2018.
L’operazione si era risolta in debiti per 43 miliardi di dollari e soprattutto in un’ondata di cause legali negli Stati Uniti. Non prevedibili all’epoca (secondo la società), ma sicuramente in espansione come una macchia d’olio.
Basf in numeri del glifosato
Qualche numero può aiutare di certo.
Nel 2022 Bayer ha registrato un balzo delle vendite del 15,1% a 50,74 miliardi circa.
A incoraggiare i risultati soprattutto la divisione Crop Science (da sola 25,17 mld, +15,6% a cambi costanti).
Dentro la divisione Crop Science, quella degli erbicidi – che comprende anche e soprattutto i prodotti a base di glifosato - ha fatto un balzo delle vendite del 43,9% a 8,325 miliardi di euro.
A incoraggiarla i prezzi in crescita specialmente in America (sia al Nord che al Sud) e in Area EMEA (EU+Medioriente+Africa): prezzi in rialzo che hanno più che bilanciato i volumi in calo. Gli erbicidi quindi l’anno scorso hanno coperto circa un sesto dei ricavi totali.
Il glifosato fa sempre capolino.
L’anno scorso il cash flow operativo netto era balzato da 5 a 7 miliardi di euro, ma aveva scontato il pagamento di 1,165 miliardi di euro per la risoluzione di cause collegate a glifosato, dicamba (un erbicida), PCB (un pesticida) ed Essure (che invece è un dispositivo medico per la contraccezione permanente richiamato in Italia nel 2017).
Sempre meglio dei 4,23 miliardi pagati in cause legali l’anno precedente 2021 (sono cifre impressionanti, ma non rare fra i grandi colossi farmaceutici).
Il glifosato la fa comunque da padrone: al 31 dicembre 2022 Bayer aveva infatti accantonato ben 6,4 miliardi di dollari per risolvere le cause esistenti e future sul diserbante: le accuse dei querelanti riguardano linfomi non-Hodgkin e mielomi multipli.
All’inizio di febbraio delle circa 154 mila cause legali in essere, Bayer riteneva che circa 109 mila fossero state risolte o non potessero essere accolte.
Già nel 2020 Monsanto aveva raggiunto un’intesa con i querelanti senza ammissione di colpevolezza riguardo la maggior parte delle cause sul Roundup (il maggior prodotto con glifosato). Ci sono però anche 31 procedimenti in Canada sul Roundup, fra i quali 11 class action.
Le cifre degli altri prodotti sono frazionali, ma è utile ricordare che nel 2020 Bayer acconsentì a pagare 1,6 miliardi di dollari per risolvere la maggior parte delle liti USA su Essure e anche il dossier Dicamba non è stato economico.
Di certo ci vorranno anni e il lavoro di Anderson per riportare il gruppo in carreggiata non sarà semplice.
Bayer, uno sguardo al titolo
In queste ore il titolo di Bayer passa di mano a circa 52 euro, con un rialzo dello 0,99% sul prezzo di riferimento.
Stamane però l’affondo a 49,85 euro non è stato bello: il rapido recupero non cancella immediatamente quell’affondo al 50% circa del recupero dai recenti minimi di del 7 luglio (48,28 euro). Un affondo di inizio mese che a sua volta aveva testato i bottom di fine 2022.
Il titolo di certo viaggia ben al di sotto delle medie mobili di lungo periodo e ha perso circa un quarto del proprio valore dai top di febbraio.
Per i nostalgici si potrebbe ricordare che l’8 giugno 2018, il giorno dopo l’annuncio del completamento dell’acquisizione di Monsanto, il titolo valeva 98,4 euro, quasi il doppio di oggi e già ben distante dai massimi del 2015 oltre i 140 euro per titolo.
Dal grafico insomma è una storia di decadenza strutturale che le grandi operazioni non hanno arginato.
Sarebbe ingeneroso però dimenticare che il gruppo ha quasi sempre distribuito i dividendi e questo significa affidabilità. Intanto in Europa l’approvazione del glifosato è stata prorogata fino al 15 dicembre 2023 (sub iudice delle autorità nazionali).
Il Vecchio Continente si è diviso a lungo sulla sicurezza di questo prodotto.
La società Bayer nega ovviamente che sia cancerogeno, i miliardi di spese legali negli Stati Uniti raccontano un’altra storia. Per l’EFSA europea no ci sono “aree critiche di preoccupazione nella valutazione di rischio in confronto con i concorrenti per l’uso del principio attivo glifosato in relazione al rischio che pone per esseri umani, animali e ambiente”.
Di certo però qualche rischio economico c’è…