“Nel 2024 la crescita delle nostre vendite di veicoli, in volumi, potrebbe essere notevolmente più bassa del tasso raggiunto nel 2023”.
Basta questa frase a fare passare in secondo piano gran parte dei numeri di Tesla che in molti ieri hanno giudicato deludenti.
Il rallentamento dei volumi è accompagnato dai lavori al lancio della nuova generazione di auto elettriche alla Gigafactory del Texas, ma la sensazione è che una crisi precoce dell’auto elettrica occidentale stia prendendo piede.
D’altronde poco dopo la stessa Tesla afferma che impieghi e ricavi del business dell’Energy Storage (batterie e ricariche) potrebbero superare quest’anno, per tassi di crescita (non ovviamente per valore assoluto), quelli dell’Automotive.
Tesla e il difficile equilibrio dell'auto elettrica in questa fase
Eppure Tesla ha già avviato una riduzione dei prezzi per aumentare le vendite e scatenato la concorrenza di Ford (sull’F-150 Lightning) mentre sia quest’ultima che General Motors ridimensionavano gli investimenti nella produzione di veicoli a batteria.
La domanda è forte, ma forse non sufficiente e siamo chiaramente in una fase di riequilibrio con punte di allarme, come quando il CEO di Stellantis Carlos Tavares ha detto che se si tagliano troppo in fretta i prezzi, si rischia un bagno di sangue.
Ma la cruda verità è che le auto si devono vendere e, come ammette Musk, con i tassi elevati che sconsigliano prestiti, è più difficile vendere da oltre 50 mila dollari ciascuna.
Ma torniamo ai numeri di Tesla.
Tesla, vendite e produzione, il cuore nei modelli più "economici"
Il gruppo texano ha registrato nel quarto trimestre ricavi in crescita del 3% anno su anno a 25.167 miliardi di dollari.
Nell’intero 2023 la crescita delle vendite è stata però del 19% a 96,77 miliardi di dollari.
Come a dire un anno brillante, ma l’ultimo trimestre mostra un forte rallentamento, almeno in termini di ricavi perché poi invece le consegne continuano a crescere molto: +20% nel quarto trimestre a oltre 484 mila vetture, mentre la produzione di Modelli 3/Y balzava del 14% a 476.777 unità.
La Tesla Y con oltre 1,2 milioni di vetture vendute nell'anno è il veicolo più venduto del mondo.
Su un totale della produzione di quasi 495 mila vetture, significa che le fabbriche lavorano quasi esclusivamente sui Modelli 3/Y che sono gli unici che da listino costano tra i 43 mila e i 59 mila dollari circa contro gli oltre 90 mila di tutti gli altri modelli.
Ora i ricavi da auto sono cresciuti nel quarto trimestre del 15% a 82,42 miliardi quasi sul totale detto sopra di 96,77 miliardi, fa più dell’85% delle vendite quasi tutte, come visto, legate ai modelli più economici.
La guerra sui prezzi è già iniziata, i margini di Tesla stanno già calando.
Adesso Elon Musk dovrà sporcarsi le mani e competere, glielo hanno già spiegato bene i cinesi con la loro BYD, acronimo di Build Your Dreams su cui ha investito in passato anche Warren Buffet, che minaccia da vicino il primato della casa di Austin.
Nel 2023 Tesla ha prodotto 1,845 milioni di auto elettriche. BYD ha prodotto più di 3 milioni di vetture a motorizzazione alternativa, ossia ibride ed elettriche. Se si tolgono gli 1,4 milioni di ibride restano 1,57 milioni circa di auto elettriche della casa di cinese e quindi il primato rimane a Tesla, ma insomma la minaccia è vicina e fa ancora più paura se si pensa che circa il 20% delle Tesla viene venduto proprio nella Repubblica Popolare.
Per certi aspetti anzi il sorpasso è ormai conclamato: a dicembre la China Passenger Car Association ha contato 91.139 Tesla vendute in Cina (ma un bel +68,7% a/a) e ben 341.043 vetture BYD (+45%). Vedendo questi tassi di crescita viene da pensare che l’industria dell’auto elettrica sia insaziabile e tutt’altro che in crisi, ma in realtà è chiaro che il mercato fatica a prendere le misure tra costi e volumi, tra prezzi e concorrenza, con una gran confusione che echeggia anche tra i consumatori.
Il tasso di obsolescenza dell’auto elettrica è molto maggiore di quello delle auto tradizionali, in poche parole come molti prodotti all’avanguardia c’è una svalutazione maggiore e più rapida.
La Cina è il cuore della produzione Tesla globale, nel senso che il suo impianto di Shanghai ha una capacità di oltre 950 mila veicoli, molti di più dei 550 mila del secondo impianto globale, quello della California dedicato a Model 3 e Y.
I 375 mila veicoli Y della capacità di Berlino non sono pochi, ma è chiaro che i numeri grossi sono tra USA e Cina. Oltretutto parliamo di un impianto che interromperà la produzione per due settimane a causa degli attacchi Houthi ai cargo in transito sul Mar Rosso.
Le filiere tornano ad essere protagoniste e forse sono anche l’alibi per scelte industriali che vediamo anche negli Stati Uniti dove la crisi geopolitica è meno vicina.
Di certo lo scenario è in movimento, il consumatore occidentale da un lato e la concorrenza cinese dall’altro stanno esercitando una formidabile pressione sui prezzi creando un problema margini per le grandi case automobilistiche globali.
Vista la preponderanza della Repubblica Popolare a monte, negli approvvigionamenti delle materie prime e in componenti rilevanti dell’auto elettrica globale, la paura è che la gara per la transizione sia vinta alla fine dalla Repubblica Popolare. E’ già successo qualcosa del genere con i pannelli solari, che ci siamo limitati a rivendere, ma se ci tolgono anche l’auto diventa un problema.
Forse un problema industriale, sicuramente un problema sociale.
Tesla, i numeri finanziari deludono, i margini calano
Ma torniamo a Tesla, ai suoi numeri, alla finanza. Dunque ricavi trimestre a 25,167 mld, consensus Refinitiv 25,62 mld, sotto le attese.
I margini spiegano la crisi di cui sopra: utile lordo -23% a 4,43 miliardi di dollari.
Il costo del venduto sale molto quindi; più giù crescono del 27% anche le spese operative e quindi l’utile operativo crolla del 47% a 2,064 miliardi di dollari.
Da una prospettiva leggermente diversa si vede anche sull’ebitda adjusted che segna un calo del 27% a 3,95%.
Il margine dell’utile operativo era del 16% nel quarto trimestre 2022, nell’ultima parte del 2023 è sceso all’8,2%, quasi dimezzato.
Il margine dell’ebitda adjusted passa dal 22,2% al 15,7%.
E’ chiaro, bisogna solo capire se è anche il new normal.
L’utile non GAAP per i soci flette del 39% a 2,485 miliardi di dollari e questo vale anche per il calo del 40% dell’eps adjusted a 0,71 dollari nel trimestre, contro un consensus Refinitiv di 0,74.
Utile per azione ordinario sotto le attese insomma.
Si tratta dell’eps non GAAP appunto perché gli utili GAAP di Tesla del periodo, ossia quelli che comprendono anche poste straordinarie e sono complessivi (ma meno guardati dagli analisti degli utili ordinari/adjusted) sono in realtà volati a 7,928 miliardi di dollari nel quarto trimestre, ma togliendo i 5,92 miliardi di dollari di benefici fiscali da crediti d’imposta nel trimestre e 484 milioni di spese per la remunerazione delle azioni, si arriva all’utile adjusted di 2,485 miliardi circa.
Senza girarci intorno è poco meno del consensus ma molto meno dei 4,14 miliardi del quarto trimestre 2023.
Come tutti i manager Elon Musk lo sa da un po’ e forse anche per questo di recente ha detto che gli piacerebbe salire al 25% di Tesla per poterla guidare meglio.
La verità è però che il gioco dell’auto elettrica si fa duro anche per lui.