Il mercato immobiliare italiano è in crescita. Ne danno puntuale riscontro i bollettini delle principali realtà di intermediazione, che si rincorrono per anticipare i dati e certificare lo stato di salute del settore, alimentandone l’immagine di forza e vigoria.
Si tratta molto spesso di un occhio benevolo che tralascia le dissonanze e punta ad offrire una rappresentazione docile che occhieggia alla necessità di concorrere ai fenomeni piuttosto che a quella di darne una rappresentazione completa.
Per scongiurare il rischio di autoreferenzialità vengono talvolta chiamati in causa esperti di acerba competenza che certificano i risultati da consegnare alla grancassa della comunicazione e il gioco è fatto: si attesta che il mercato immobiliare italiano gode di ottima salute!
Tralasciando le considerazioni sulla validità dell’anamnesi e senza scomodare le ripartizioni del pollo di Trilussa, viene da chiedersi se mai qualcuno in questo Paese sentirà il bisogno di illuminare anche l’altra metà del cielo.
Sono due in particolare i fenomeni che meriterebbero una citazione per non incorrere nella partigianeria tipica dell’oste interrogato sulla qualità del vino e hanno ambedue risvolti drammatici.
Il primo è rappresentato dal disinteresse per chi la casa di proprietà non può permettersela. L’assenza di politiche pubbliche e il disinteresse degli investitori istituzionali, peraltro spesso dotati di lusinghiere e generose attestazioni ESG, trasformano il segmento della locazione in un’arena, in cui a vincere è sempre il contendente più dotato. Se non bastasse la pulsione etica ad imporre un cambiamento di approccio, si potrebbe ricordare la perdita di competitività complessiva che il mancato funzionamento dell’ascensore sociale inevitabilmente comporta. Ma il lusso tiene, il titolista è sistemato e l’inserzionista è soddisfatto.
Il secondo fenomeno è rappresentato dall’impraticabilità del processo edilizio, che sia di nuova edificazione o di rigenerazione, nel 70% del territorio nazionale, in quanto i valori di mercato dell’edificato si collocano al di sotto dei costi di realizzazione. Esaurita la follia orgiastica dell’incentivazione a copertura integrale degli interventi, ci troviamo senza strumenti per cercare di garantire la transizione ecologica e l’accessibilità economica, almeno fuori dai centri urbani, attraverso iniziative di ammodernamento di un patrimonio obsoleto e non funzionale. Così la prospettiva di ripopolamento delle aree interne finisce inevitabilmente per infrangersi sullo scoglio dell’aritmetica (oltre che sulle inefficienze di infrastrutture e trasporti).
L’immobiliare in Italia ha bisogno di politiche consapevoli, investitori lungimiranti e di analisi indipendenti.
Ma a Capri si sfiorano i 18.000 euro al metro quadrato e tra poco arriva l’estate.