Le borse stanno ricalcando il copione stagionale: con un'intensificazione delle vendite in quella che storicamente è la peggiore settimana dell'anno. Fa peggio però il mercato obbligazionario, che però gli investitori premiano con i loro massicci afflussi.
Il mercato azionario si muove nel solco delle previsioni stagionali. Il mese di settembre risulta storicamente impegnativo, ed in particolare la settimana successiva alle scadenze tecniche trimestrali è per performance media la peggiore delle 52 settimane dell’anno: così è stato. Agli investitori ritorna alla mente il successo del Green Days: Wake me up when September ends.
Eccezion fatta per Piazza Affari, che merita un capitolo a parte, il calo dei listini resetta il recupero messo a segno dopo i minimi di agosto. Per lo S&P500 dalla fine di luglio il drawdown supera ora il 6%, e riduce il guadagno del bull market che sta celebrando in tono dimesso il primo anno di anzianità, ad un generoso ma non esaltante +23%.
I dati macro non aiutano. Le sorprese benigne prevalgono di gran lunga negli Stati Uniti e, in misura però molto minore, in Giappone. Nel resto del mondo il flusso di release economiche delude le aspettative della vigilia. In particolare i flash PMI suggeriscono che il sostegno fornito dai servizi si sta affievolendo, mentre il settore manifatturiero si stabilizza ma è lungi dal fornire un contributo rilevante alla crescita.
Di questo si trova traccia anche nelle previsioni di politica monetaria. Le banche centrali mondiali in modalità easing sono ora il 17.5% del totale, a fronte di un minimo assoluto dell’8.8% a luglio: il doppio in due mesi. Qualcuno incomincia a tagliare il costo del denaro. D'altro canto, all’inizio del mese il mercato a termine negli Stati Uniti prezzava quasi cinque tagli del Fed Funds rate da 25 punti base entro gennaio 2025; oggi le proiezioni hanno rimosso un taglio e mezzo, con la retorica dell’higher for longer che prende piede.
Evidentemente la prospettiva di una politica monetaria ancora impegnativa ha irritato gli investitori in azioni, complice il previsto boom del petrolio e la tenuta del dollaro. Ma c’è chi sta ben peggio del mercato azionario.
Con le perdite della passata ottava, il bilancio annuale del mercato obbligazionario si tinge di rosso: -2.5% nel 2023 per i Treasury americani, tenuto conto peraltro delle cedole intascate. Sarebbe in caso di conferma il terzo anno negativo di fila.
L’Equity sperimenta un fisiologico reset: le azioni del paniere dello S&P500 sopra la popolare media a 50 giorni, usatissima nelle sale operative degli investitori istituzionali, sono adesso appena il 17% del totale. La stessa proporzione raggiunta a marzo al culmine della “crisi” delle banche regionali. Per l’Equity USA si registra il peggior deflusso settimanale (-17.9 miliardi di dollari) da dicembre dello scorso anno.
Per i bond invece siamo alla 26esima settimana consecutiva di raccolta netta positiva; la 32esima, nello specifico per i Treasury. Quasi tutti stanno scommettendo pesantemente sul reddito fisso, a discapito delle borse. In ottica contrarian fa riflettere.
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