CAPITOLO 3 - I TASSI D'INTERESSE
3.2.2 Attività finanziarie alternative
Le oscillazioni del tasso d'interesse esercitano anche un elevato impatto sul livello
di competitività posseduto dalle varie attività finanziarie, in
relazione alla loro capacità di attrarre capitali.
Si può ritenere quasi intuitivo che debba esistere un legame tra le azioni
e gli investimenti ad esse alternativi in quanto, per uno stesso principio di
convenienza economica, i vari rendimenti tendono a livellarsi.
Il rapporto più evidente è certamente quello esistente tra titoli azionari
ed obbligazionari; l'investitore esprime il proprio giudizio circa la convenienza
relativa all'acquisto di azioni o obbligazioni.
Infatti se i tassi d'interesse salgono più rapidamente di quanto possa aumentare
il livello dei profitti aziendali, le obbligazioni divengono sempre più
convenienti: un flusso di liquidità abbandonerà perciò il mercato
azionario per dirigersi verso il mercato dei titoli a reddito fisso.
Le azioni diminuiranno i prezzi finché il loro livello non sarà di nuovo
percepito dagli operatori come relativamente interessante.
L'effetto delle variazioni del costo del denaro su ogni specifico settore azionario
saranno diverse a seconda del livello effettivo di profittabilità e a seconda
delle aspettative sulle prospettive future; generalmente i titoli più penalizzati
saranno comunque le azioni di risparmio e privilegiate, che vengono detenute
principalmente per la loro redditività.
Anche le azioni di aziende fornitrici di pubblici servizi (utilities) risultano
essere fortemente e direttamente sensibili al tasso d'interesse; non solo, come
è stato precedentemente affermato, per il loro elevato grado di indebitamento,
ma anche perché vantano generalmente tassi di dividendo piuttosto attraenti
rispetto alle prospettive di un loro futuro aumento.
Al contrario le azioni delle aziende che attraversano una fase di forte espansione, e
che provvedono al loro fabbisogno finanziario per buona parte mediante autofinanziamento,
corrispondono bassi dividendi ed allo stesso tempo risultano scarsamente influenzate
dall'evoluzione dei tassi d'interesse.
Queste azioni vengono acquistate generalmente allo scopo di anticipare un loro futuro
elevato livello di profitti, piuttosto che al fine di ottenere un immediato rendimento.
Un indicatore che risulta molto importante per valutare l'andamento relativo dei
rendimenti di obbligazioni ed azioni è lo yield to equity ratio; questo
indicatore rappresenta una misura del risk premium, cioè la remunerazione
che l'investitore percepisce investendo su mercati rischiosi.
Lo yield to equity ratio viene costruito tramite il rapporto tra il rendimento
delle obbligazioni (utilizzando usualmente i titoli di stato) e il rendimento delle
azioni (generalmente espresso dal rapporto Price/Earnings). Più tale
rapporto è alto, più è un segnale positivo per l'investimento
azionario, a scapito dell'investimento in obbligazioni.
La situazione contraria ha caratterizzato invece, ad esempio, il crollo del 1987 negli
Stati Uniti: i prezzi dei corsi azionari erano saliti in continuazione e lo yield to
equity ratio era ad un livello storicamente molto basso, segnalando che in poco
tempo gli investitori avrebbero ritenuto più conveniente investire in titoli
privi di rischio.
Allo stesso modo all'inizio del 1994 le elevate valutazioni di borsa rispetto al tasso
d'interesse avevano portato lo yield to equity ratio a livelli così bassi da
ingenerare un elemento di forte preoccupazione tra gli analisti; infatti il successivo
aumento dei tassi ufficiali effettuato dalla Fed, ha evidenziato che la crescita
dei profitti delle società sarebbe prima o poi decelerata.
Il mercato azionario ha dunque reagito negativamente, chiudendo l'annata borsistica
con una variazione negativa rispetto ad inizio anno.
Per concludere questo paragrafo dedicato agli effetti delle variazioni del tasso
d'interesse sulla propensione all'investimento in azioni, va ricordato che negli
Stati Uniti accade frequentemente che l'investimento azionario venga finanziato
attraverso il ricorso all'indebitamento (margin debt) e quindi la variazione
del costo del denaro altera la convenienza a detenere tali posizioni.
Il margin debt è infatti il denaro prestato ai clienti dagli agenti
di cambio americani, a fronte di titoli dati in pegno.
Le conseguenze di tassi d'interesse crescenti sono evidenti; il costo del debito
aumenta e diventa quindi meno conveniente; si manifesta perciò una avversione
crescente degli operatori verso ulteriore indebitamento via via che il suo costo
aumenta e, quando l'onere diviene eccessivo, alcuni titoli vengono liquidati e viene
rimborsato il debito.
A parte il caso specifico americano, questa relazione dovrebbe essere tanto più
valida quanto più il mercato oggetto di analisi si basa sulla speculazione, che
per alimentarsi ha bisogno di facilità di ricorso al credito, di effettuare
riporti a buon mercato,... operazioni più difficili e costose in periodi di
restrizione monetaria.