Il Phoenix Memory Step Down di Intesa Sanpaolo può pagare un rendimento potenziale a doppia cifra su tre blue chip italiane
Una dolce Pasqua per l’indice di casa nostra, che continua a festeggiare massimi su massimi di periodo, con i 35.000 punti ormai alla portata. Una cavalcata che viene sostenuta dagli ottimi numeri che hanno presentato, trimestre dopo trimestre, le società più rappresentative (e anche più pesanti a livello di capitalizzazione) del paniere milanese, finalmente riscoperte da un mercato che nel recente passato ne aveva troppo spesso depresso le valutazioni relative. L’esempio principe sul nostro FTSE Mib è la (sempre meno italiana) Stellantis, che ha vissuto negli ultimi mesi un sostanziale repricing dei propri multipli, con le azioni che si sono portate al di sopra dei 26 euro: il P/E, dopo essersi spinto nel 2022 fino a 2,4x, è tornato a 4,3x, un valore maggiormente in linea con quello dei suoi concorrenti, che pur non presentano fondamentali migliori rispetto a Stellantis.
Non da meno sono stati i titoli bancari, che continuano ad essere favoriti dal cambio (che potremmo definire epocale) di politiche monetarie da parte delle banche centrali: anche la Bank of Japan ha da ultima abbandonato il regime di tassi negativi e di controllo artificiale della curva dei rendimenti, mettendo fine ad un esperimento durato oltre quindici anni che ha messo duramente in crisi la redditività degli istituti finanziari nel mondo. E se il tanto atteso taglio dei tassi può mettere un freno al rally di Unicredit e delle altre banche, è altrettanto vero che difficilmente la redditività degli istituti bancari tornerà ad essere così risicata come negli anni Dieci. E anche in questo caso il mercato è tornato a ben considerare questi titoli (o quantomeno a non disprezzarli), attribuendo ad Unicredit una capitalizzazione di mercato almeno pari al suo valore di libro, dopo essere arrivata a valerne addirittura un quarto nel 2020.
Proprio su Unicredit e Stellantis, oltre che su una Eni che sta vivendo una forte stabilità delle sue quotazioni, testimoniata da una volatilità implicita al di sotto del 20%, ruota una delle nuove proposte (inserita in una più ampia emissione composta da dieci prodotti di investimento) di Intesa Sanpaolo: si tratta del Phoenix Memory Step Down (ISIN: IT0005586786), che paga premi condizionati pari allo 0,87% mensile (10,44% p.a.), con trigger premio e barriera posti al 50% dei rispettivi valori iniziali (prime tre cedole incondizionate). Prevede una scadenza a tre anni, con la possibilità, a partire dalla data di osservazione del 12 marzo 2025 e per le successive date a cadenza mensile, di rimborso anticipato del valore nominale, pari a 100 euro, qualora tutti i titoli rilevino al di sopra del 100% dei rispettivi valori di riferimento iniziali (il trigger autocall decresce poi del 5% ogni sei mesi).
Qualora si giunga alla data di osservazione finale del 16 marzo 2027 senza che il certificato sia stato richiamato anticipatamente, il prodotto rimborserà il proprio valore nominale qualora tutti i titoli non perdano più del 50% dai rispettivi valori di riferimento iniziali, generando un rendimento annualizzato pari al 10,6% considerando anche l’attuale prezzo di acquisto prossimo alla parità. Al di sotto del livello barriera il valore di rimborso del certificato verrà invece diminuito della performance negativa del titolo worst of, che verrà calcolata a partire dallo strike price.