Opa su small cap italiane: a volte ritornano. Il caso La Doria

Salvatore Gaziano Salvatore Gaziano - 12/04/2022 10:59

La storia delle Offerte Pubbliche di Acquisto (Opa) non è costellata da una serie di trionfi e grandi successi. Anzi. Per i piccoli azionisti questo tipo di operazioni straordinarie possono rivelarsi delle vere e proprie jatture. Soprattutto quando ad essere le prede sono le small cap italiane, società a bassa capitalizzazione come quelle quotate sul listino milanese Growth Market di Euronext.

Perché?

Semplice, perché su titoli anche buoni il “predatore” può fare offerte a forte sconto, cioè offrire un prezzo per azione più basso rispetto al valore stimato dal mercato. Ma non si può rifiutare di aderire a un’Opa svantaggiosa, quindi? Certo che si può, ma si corre il rischio, se il predatore riesce comunque a mettere le mani sulla maggioranza del capitale e l’Opa va in porto, di rimanere con il cerino in mano. Cioè di continuare a possedere un pacchetto azionario di una small cap che può essere delistato, ovvero tolta dal mercato.
A questo punto, chi vuole restare socio di small cap italiane non quotate? Come ci si può liberare dalle azioni. A quel punto tutto diventa più complicato, roba da notai e commercialisti, se non da avvocati…

Quindi il piccolo azionista, alla fine, accetta suo malgrado il prezzo stracciato, magari rimettendoci.

La Doria di Angri e l’Opa lanciata da Investindustrial di Bonomi

Ne è un esempio lampante l’offerta pubblica di acquisto lanciata sulla società alimentare La Doria di Angri, in provincia di Salerno (la preda), quotata al Growth Market. Il “predatore” in questo caso è Andrea Bonomi (Investindustrial), le cui attività si estendono in Europa, Nord America e Asia. Con partecipazioni che vanno dai prodotti per l’infanzia (marchi Artsana e Chicco), alle vasche Jacuzzi, dai parchi di divertimento (il PortAventura di Barcellona), al lusso (Ermenegildo Zegna), per arrivare alla formazione (Campus Training). L’autorizzazione all’Opa è stata richiesta a settembre 2021 ed è stata concessa a marzo 2022.  

Il caso, che SoldiExpert SCF segue dai suoi primi passi, è tornato alla ribalta anche grazie ad alcuni clienti che sul delisting di La Doria hanno cercato un consiglio su come muoversi, a fronte di un prezzo proposto considerato troppo basso. Va detto, tuttavia, che questo tipo di casi non è così frequente, e che solitamente il premio d’acquisto offerto agli azionisti di piccole società sotto Opa non è trascurabile. La Doria, purtroppo, fa eccezione, come ho spiegato nell’ultima Lettera Settimanale, una newsletter gratuita che raccoglie ogni martedì analisi e idee per investire.

Non tutti gli euro sono uguali

Per gli azionisti La Doria Investindustrial può essere un’opportunità o un problema. Bonomi ha offerto 16,5 euro per azione. Ma secondo le valutazioni di Mazziero Research, “nei mesi precedenti l’annuncio dell’Opa La Doria, diverse valutazioni di case d’investimento indicavano in oltre 21 euro il corretto valore”. Uno sconto, quindi, di poco inferiore al 24% sul prezzo che il mercato reputa il giusto livello. Anzi, un auto-sconto, visto che Bonomi se l’è praticato da solo.

E i piccoli azionisti che l’hanno in carico a prezzi di mercato? Pazienza: se vogliono accettare l’offerta bene, altrimenti… avranno “l‘opportunità” di diventare soci di una azienda alimentare privata. Perché il rapporto tra La Doria e Borsa Italiana s’interromperà.

«Ancora una volta – ha commentato Maurizio Mazziero di Mazziero Research – il capitalismo italiano mostra di non essere all’altezza delle best practices del mondo della finanza”

Delisting a go-go

C’è da dire che il trend del delisting, a Piazza Affari non si è mai esaurito. Ma a ben vedere ha inciso molto di più sull’MTA, il listino principale, rispetto al mercato della small cap. Nel primo caso, solo negli ultimi cinque anni è stati ritirato dalle quotazioni l’equivalente di 55 miliardi di euro di capitalizzazione. E negli ultimi vent’anni, il saldo tra nuovi collocamenti e delisting è negativo per un’ottantina di società. Nel secondo, invece, gli ultimi vent’anni hanno altresì registrato un dato positivo per quasi 200 aziende. Anche in questo caso, l’Italia si conferma il “paradiso” delle PMI.

Alimentari… di buona famiglia

La Doria è gestita dai fratelli Andrea e Antonio Ferraioli. Dal 2003 il titolo ha più che decuplicato il suo valore, e ha chiuso il 2021 con un buon utile (ma non distribuirà dividendi). Un caso da manuale di buona gestione, insomma, per il quale il mercato si aspetta un rialzo dell’offerta a fronte della levata di scudi dei piccoli azionisti.

Un caso tipico in cui essere affiancati da un buon consulente finanziario indipendente, non soggetto a conflitti d’interesse di nessun genere, può fare la differenza.

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A cura di Salvatore Gaziano - Soldi Expert SCF
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