La nuova corsa all’oro

Pierpaolo Scandurra Pierpaolo Scandurra - 26/03/2025 14:32

Mentre oro e rame sono sui loro massimi storici, alcuni titoli potrebbero beneficiare del rally dei due metalli. Da Marex una proposta a tema miners.

Nell’ultimo mese abbiamo assistito al rally del prezzo di due metalli: oro e rame. I motivi alla base di tale crescita sono però profondamente diversi: mentre l’oro rappresenta il bene rifugio e la riserva di valore per eccellenza, il rame è un metallo industriale, che sta trovando larghissimo impiego nei processi di elettrificazione e nel boom dell’intelligenza artificiale. Partendo dall’oro, il suo trend rialzista prosegue senza freni da settembre 2023, essendo passato dai $1.800 l’oncia al recentissimo record storico al di sopra dei $3.000 l’oncia: come anticipato, il metallo giallo non ha particolari utilizzi industriali, con il rally che è stato alimentato dalla crescente domanda da parte delle banche centrali (in primis Uzbekistan, Cina, Kazakhstan, Polonia e India), che hanno cominciato ad incrementare le proprie riserve auree dopo l’invasione russa dell’Ucraina ed il sequestro di asset in valuta fiat detenuti all’estero dalla banca centrale russa. A contribuire vi sono state inoltre le crescenti tensioni geopolitiche e la crescita del debito complessivo globale, non da ultimo il lancio del ReArm Europe e del piano infrastrutturale tedesco, che hanno spinto gli investitori a preferire le hard currency agli asset finanziari denominati in valuta fiat. La corsa di questa materia prima ha riportato l’attenzione anche sulle azioni legate ai gold miners, con i fondi settoriali che hanno attirato a marzo i maggiori afflussi netti in oltre un anno: la marginalità dei miners era infatti compressa dai costi operativi crescenti, dovuti all’aumento del costo dell’energia e della manodopera, ma in futuro dovrebbero finalmente beneficiare a pieno degli attuali livelli record dell’oro, come ha dichiarato a Reuters Shaniel Ramjee, multi-asset co-head di Pictet Asset Management.

Arrivando al rame, i futures sul metallo rosso scambiano al COMEX sui massimi storici, sulla scia dei possibili dazi di Trump e delle misure di stimolo da parte della Cina, il maggior consumatore globale. Ai problemi strutturali sul lato dell’offerta, dovuti alla mancanza di investimenti nell’estrazione del metallo e alla ridotta capacità di raffinazione, si aggiunge la domanda cinese che è tornata a crescere. Nelle ultime settimane abbiamo poi assistito, in risposta alle possibili restrizioni all’importazione che potrebbero essere applicate da Trump, ad un forte disallineamento tra i prezzi del metallo sul COMEX (mercato statunitense) e sul LME, con gli arbitraggisti che stanno così facendo affluire sempre più rame in America. “Gli elevati quantitativi che stanno arrivando negli Stati Uniti dal resto del mondo potrebbero lasciare gli altri paesi – Cina in primis – pericolosamente a corto di rame” ha osservato Kostas Bintas, commodity trader di lungo corso. “È una situazione senza precedenti, non riesco ad immaginare un potenziale target sul prezzo della materia prima” ha aggiunto Bintas.

Per questa settimana non si poteva dunque non guardare a tali dinamiche che si stanno verificando sul mercato delle commodities; abbiamo quindi scelto di analizzare una recente proposta di Marex legata proprio ad alcuni tra i principali miners di oro (Barrick Gold e Newmont Mining) e rame (Freeport McMoran), anche in ottica di diversificazione di portafoglio rispetto ai sottostanti più diffusi. Parliamo del Phoenix Memory Step Down (ISIN: IT0006768243) emesso da Marex e scritto su un basket composto proprio da Barrick Gold, Newmont Mining e Freeport McMoran. Il prodotto paga premi condizionati (trigger premio posto al 55% dei rispettivi strike price) pari allo 0,86% mensile (10,32% p.a.), con durata pari a tre anni e la possibilità, a partire dalla data di osservazione del 26 settembre 2025 e per le successive date a cadenza mensile, di rimborso anticipato del valore nominale, pari a 1.000 euro, qualora tutti i titoli rilevino al di sopra del 100% dei rispettivi strike price (il trigger autocallable decresce dell’1% ogni mese fino al 71%). Qualora si giunga alla data di osservazione finale del 27 marzo 2028 senza che il certificato sia stato richiamato, il prodotto rimborserà il proprio valore nominale, oltre ad un ultimo premio pari allo 0,86%, qualora tutti i titoli non perdano più del 45% dai rispettivi valori di fixing iniziale, in virtù della barriera capitale posta al 55% degli stessi. Al di sotto del livello barriera il valore di rimborso del certificato verrà invece diminuito della performance negativa del titolo worst of, che verrà calcolata partire dallo strike price.

 

Report a cura di Pierpaolo Scandurra
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