I "se" che condizionano il mercato

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 10/03/2016 13:43

I mercati azionari hanno festeggiato il settimo compleanno del bull market iniziato a marzo 2009, in tono sommesso e minore. Peraltro, si fa fatica ad accettare a tutti gli effetti questa definizione, perché se formalmente lo S&P500 non ha ceduto più del 20% dal massimo di dieci mesi fa - ma su questo avremo modo di tornare in mattinata - grazie ad una ponderazione che ha evitato il peggio; le borse mondiali ufficialmente hanno accantonato quella esperienza.

Prendiamo il MSCI All Country World Index (ACWI); che dopo aver penetrato ad agosto la parete inferiore dell'elegante canale entro cui si è mosso per anni, ha proseguito la discesa, cedendo dal picco di maggio il 20.9%: soddisfacendo evidentemente la condizione formale di bear market in corso.
Naturalmente queste sono etichette che lasciano il tempo che trovano. Non è che la condizione di un mercato azionario passi dal roseo al fosco, nel momento in cui la contrazione dal top passa dal 19.9 al 20.1%. È vero invece che dalla scorsa primavera in avanti abbiamo assistito ad un progressivo deterioramento strutturale, ben riflesso dalla decisa riduzione dell'esposizione in azioni, raccomandata dal modello di asset allocation (che non a caso ha battuto il benchmark in ben 10 degli ultimi 12 mesi).

La mappa previsionale contempla, da un mese a questa parte, la prospettiva di un rimbalzo, sulla cui durata ci siamo già espressi dettagliatamente. Ma al momento è fuori luogo considerare questo sforzo diversamente dalla natura di rally correttivo; occorrerebbe, prima di procedere in questo senso, superare due ostacoli: anzitutto, fuoriuscire dal canale discendente entro cui l'ACWI è evidentemente inserito.
In secondo luogo, bisognerebbe spingersi oltre il picco di novembre, ideale spalla destra di un testa e spalle formalizzatosi a tutti gli effetti, e dalle conseguenze ancora potenziali. Due grossi "se", allo stato attuale.


Gaetano Evangelista
www.ageitalia.net


 

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