Brillano le FAANG, ma l'Europa fa meglio degli USA

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 19/07/2017 14:35

Si assiste ad una curiosa dicotomia fra i pronunciamenti della Federal Reserve e l'orientamento degli operatori. La banca centrale americana, tramite i suoi esponenti più illustri, lascia intendere l'avvio di una QExit a partire dall'autunno, e almeno un ulteriore aumento dei tassi di interesse entro la fine dell'anno. Ma gli investitori non se ne curano, stando almeno alle quotazioni del future sui Fed Funds: che contemplano un nuovo inasprimento del costo ufficiale del denaro, non prima di marzo dell'anno venturo. Certo, con il dollaro così prostrato, un aumento dei tassi sembra più ragionevole del passato; a condizione che non risulti di entità tale da far scattare il conto alla rovescia che ci separa dalla prossima recessione negli Stati Uniti, come descritto nell'Outlook per il secondo semestre.

Restando in USA, ieri il Nasdaq si è aggregato alla lista di indici sui massimi storici. Merito del "quintetto magico" delle FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e la ex Google); con NFLX in particolare protagonista indiscussa: grazie al +13.5% messo a segno in seguito al rilascio di una trimestrale da sogno. L'indice equiponderato che raggruppa queste società ha così conseguito un nuovo massimo storico. La Silicon Valley era data in affanno, dopo l'elezione (avversata) di Trump; ma dal minimo del 14 novembre, questo paniera ha conseguito una performance superiore al 50%.

E dire che, a parte le azioni più sexy di Times Square, non è che il consuntivo degli ultimi otto mesi sia stato scintillante per gli Stati Uniti. Da quando Trump ha vinto le elezioni, Stati Uniti e Cina sono stati fra i paesi più industrializzati, quelli che hanno ceduto la maggiore quota della capitalizzazione mondiale; a favore di chi? a beneficio - incredibile!... - di Francia, Germania ed Italia. Un classico caso di aspettative malriposte.



Gaetano Evangelista
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