Il rallentamento economico c’è: parola di Draghi
Il rallentamento economico c’è e a confermarlo in queste ore, è stato lo stesso Mario Draghi che, nella prima conferenza stampa del 2019, ha parlato di rischi e prospettive di crescita dell'area dell'euro, incertezze legate a fattori geopolitici, protezionismo dilagante, mercati emergenti ancora in chiaroscuro e volatilità sui mercati finanziari. Una ripresa che continua ma, verrebbe da dire “nonostante tutto”. Un “nonostante” che rischia di diventare un peso, con il tempo. Ed è per questo motivo che, conscio dell’importanza della comunicazione e delle parole (non per niente fu lui l’uomo del “whatever it takes”) Draghi ha voluto sottolineare la disponibilità della Bce di aprire nuovamente l’ombrello. Un ombrello che, in realtà, non è mai stato chiuso, almeno definitivamente.
Saggezza italiana...
A differenza di quanto fatto dalla Federal Reserve di Janet Yellen prima e di Ben Bernanke, poi, la banca centrale del Vecchio Continente, si è dimostrata volontariamente più cauta. E a questo punto verrebbe da dire anche saggiamente. Un’Europa ancora troppo divisa e frammentata che deve unire le esigenze di paesi storicamente differenti seppur geograficamente vicini. Un’unione con una serie di incongruenze interne e che si basa su meccanismi ancora non sempre accettati dalla popolazione, non può ancora far conto su una potenza economica che stenta a decollare. Da qui la necessità di un Quantitative Easing che se da dicembre è parzialmente chiuso (l’acquisto di asset è stato sospeso) vede un’agevolazione non indifferente sul costo del denaro, rimasto ancora basso e che tale rimarrà almeno fino alla fine dell’estate.
… in vista del successore
Un orizzonte temporale che permette a Draghi&Co di vedere come andranno le cose nel breve. Non solo ma anche di riuscire ad organizzare una possibile strategia (qualunque essa sarà) con il suo successore. Sì, perché Draghi è alla scadenza del suo mandato. In effetti il tempo è ancora molto (l’addio alla poltrona di governatore è fissato a novembre di quest’anno) ma in questi casi è bene procedere per tempo. Anche perché il nome di chi lo sostituirà non è ancora noto.
Il ritorno dei Tltro
Resta sul tavolo, al momento attuale, solo la certezza di un rallentamento che potrebbe peggiorare e richiedere addirittura il ritorno sulla scena dei Tltro, i piani di rifinanziamento a lungo termine per le banche, già sperimentati nel 2014 e nel 2016. già adottati la prima volta nel 2014, la seconda nel 2016. Alcuni membri del Consiglio direttivo ci hanno pensato e l’idea è stata presa in considerazione ma per il momento nulla di concreto all’orizzonte. Forse a marzo in linea con la politica attendista dell’istituto. Rassicurazioni sono arrivate anche per Italia e Germania, la seconda preoccupata per le conseguenze della guerra dei dazi e del rallentamento in Cina, la prima “vittima” di un eterno debito pubblico, un’eterna mancanza di competitività, un’eterna incertezza politica. Facile perciò vederla all’interno della catena europea, come l’anello debole. Eterno, anello debole.
E come sempre: la Cina
Altra verità incontrovertibile: Pechino sta frenando la sua corsa. Una corsa pazza che per 20 anni è apparsa spropositata. Per questo motivo Christine Lagarde, numero uno del Fondo Monetario Internazionale, ha subito tenuto a precisare da Davos: se la Cina rallenta è un bene. Purchè tale rallentamento sia ben gestito, come pare, dalle autorità centrali le quali, sembra, abbiano tutto sotto controllo. Il problema si presenterebbe solo se le cose dovessero sfuggire di mano ai vertici finanziari del gigante asiatico. Partendo da questa considerazione, anche Draghi sembra pensarla allo stesso modo. Anzi, il numero uno di Francoforte ha parlato addirittura di fiducia in un governo che ha tutti i mezzi per intervenire. Paradossalmente sembra fare più paura la Brexit, quella sì, senza controllo, almeno per il momento.
Articolo a cura di Rossana Prezioso
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