Un mercato ossessionato dalle presidenziali snobba dei payrolls US buoni. I mercati sui supporti, ma Trump è una wild card.
Il labour market report US più snobbato degli ultimi anni. La TrumPaura e l’oil debole ieri hanno prodotto l’ottava seduta in calo consecutiva per Wall Street, mentre il Vix ha chiuso sopra 22, ai massimi da giugno (day after Brexit). Naturalmente la volatilità implicita è gonfiata dalla domanda di protezione contro una vittoria di Trump martedi prossimo, un evento dall’outcome digitale, in grado di causare movimenti assai bruschi (vedi il – 9% totalizzato dal più volatile Eurostoxx all’indomani di Brexit). In condizioni normali, è difficile vedere il Vix quasi raddoppiare con l’ S&P che perde poco più del 3% in totale, in 8 sedute.
Su queste basi, l’Asia ha avuto una seduta nuovamente opaca, guidata al ribasso da Tokyo che, rientrata dalla bank holiday di ieri, ha fatto catch up con la debolezza degli altri mercati. Per il resto, variazioni modeste, ma generalmente negative. Lunedi occhi puntati sulle riserve valutarie della PBOC, ufficialmente attese in calo di 26 bln, ma sul mercato si parla con insistenza di importi più grossi, il che ha pesato un po’ sui futures e i veicoli che investono in azionario locale, dopo la chiusura dei mercati ufficiali.
E nuovamente difficile indicare un catalyst preciso per l’accelerazione in negativo subita dal sentiment poco dopo l’apertura europea, con i principali indici ad accumulare passivi intorno al punto percentuale. Di certo vi è che il settore bancario, che ieri aveva supportato gli indici con un robusto rimbalzo, oggi ha mostrato un mood opposto, affiancato in questo dal settore assicurativo. Su entrambi può aver pesato l’inversione della dinamica sui tassi, con i rendimenti in calo su tutti i governativi core e le curve in appiattimento. E poi c’è il perdurare della fase negativa su alcuni istituti italiani.
A livello generale, l’€ si è portato stabilmente sopra 1.11 vs $, e la performance relativa tra USA e Eurozone continua a seguire pedissequamente il cambio. In ulteriore recupero sterlina e Gilts inglesi, dopo le sorprese di ieri.
Per contro, in lettera i bonds periferici, guidati dai BTP che oltre al sentiment generale pagano le emissioni (oggi 1.5 bln di 30 anni in exchange) e il vento freddo sulle banche nazionali. Lo spread vs bund è tornato ad un poco edificante 162 bps (massimo segnato in occasione del 24 giugno, day after Brexit), mentre quello contro la rivale spagna è esploso a 48 bps, massimo dal febbraio 2012. Niente male anche il record dell’ oil, in calo per 9 delle ultime 10 sedute su indiscrezioni di disaccordi in seno all’OPEC poi parzialmente smentite.
Sul fronte macro la revisione dei PMI services Eurozone di Dicembre ha comportato una bella sforbiciata al progresso indicato dal dato flash (52.8 da prec 53.5) anche se l’attività accelera ancora marginalmente rispetto a settembre (52.2). La responsabilità è divisa tra la revisione al ribasso della Francia, e la delusione dell’Italia (51 da 50.7 e vs attese per 51.5).
Venendo agli USA, il labour market report di ottobre si è mostrato nuovamente solido:
** 161.000 nuovi occupati vs attese per 173.000, ma le revisioni ai 2 mesi precedenti aggiungono la bellezza di 44.000 unità. Più modesto il dato derivato dalla household survey (-49.000) ma la disoccupazione è scesa (al 4.9% dal 5%) grazie ad un calo della partecipazione di 195.000 unità). Ma 238.000 lavoratori hanno dichiarato di non aver potuto lavorare per maltempo.
** Il rialzo sopra attese le paghe orarie (+0.3% vs +0.2% atteso) il che con le revisioni porta il dato anno su anno a un +2.8%, nuovo massimo ciclico. In linea le ore lavorate.
Insomma un report positivo, senza particolari lacune, e con qualche nuovo segnale di inflazione salariale. In quanto tale assolutamente coerente con un rialzo dei tassi a Dicembre, ne vi sono, per il momento, indizi che Novembre dovrebbe cambiare questo quadro. Tra l’altro, il trade balance di settembre inferiore alle attese (36.4 bln di deficit vs 38 attesi) costringe le case ad alzare le previsioni di crescita per il terzo trimestre.
Ma, ovviamente, tra qui e dicembre ci sono le presidenziali US, principale motivo per cui la FED, in barba alle dichiarazioni di indipendenza, non si è mossa martedì scorso, e principale motivo per cui questo dato non ha lasciato praticamente traccia nella price action: le probabilità di un rialzo sono immobili al 76%, i treasuries continuano a salire come stamattina, e il Dollar index dopo un mini rimbalzo, è addirittura sceso.
Comunque slegata dai payrolls, ma positiva Wall Street, che sembra intenzionata a interrompere la striscia negativa. La sua miglior vena ha permesso una chiusura leggermente più dignitosa all’Eurostoxx, che presenta comunque il rispettabile record di 6 discese a fila (8 sulle ultime 9 sedute), nonchè l’altro, ancor meno invidiabile, di aver rimbalzato, negli ultimi 8 mesi, almeno 5 volte contro la stessa area di resistenza, senza aver la forza di superarla.
Peraltro, l’indice si è riportato nella parte bassa del range, su un supporto che ha funzionato più di una volta. Con la collaborazione dell’ipervenduto, dell’eccesso di stress segnalato dal Vix e da altri indicatori in US, e dalla pausa nel rialzo dei rendimenti dei bonds, si potrebbe puntare ad un rimbalzo, sia su indici europei che in US, dove l’S&P è giunto praticamente a contatto col supporto indicato in area 2080. Ma ovviamente quanto succede martedi in US costituisce una grossa turbativa.
A cura di Giuseppe Sersale, Anthilia Sgr
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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