I dati più importanti della scorsa settimana arrivano dagli Stati Uniti che oltre a presentare un aggiornamento del GDP del terzo trimestre passato da + 1,5% a + 2,1%, vede l’andamento molto solido degli ordini per i Durable Goods a + 3%, rispetto alle attese di +1,5%. Altro dato pubblicato è stato il PCE core, il più importante dato di inflazione della Fed, che non sta mostrando crescente pressione, risultando invariato nel mese di ottobre, contro un rialzo atteso di 0,2% mensile, e dell’1,3% anno su anno. La spesa dei consumatori rimane debole a +0,1% contro aspettative di +0,3%, con un miglioramento per i servizi. Sul lato del reddito (Real Disposal Income, vedi grafico) il dato mensile è stato migliore delle attese a +0,4%, con salari e stipendi che mostrano un +0,6%.
Decisioni della BCE e mercato del lavoro in Usa. In settimana sono due i principali punti di attenzione ovvero la riunione della Banca Centrale Europea, dove sono attese le indicazioni del presidente Mario Draghi su ulteriori interventi monetari per l’area Euro a sostegno della ripresa economica, e venerdì il dato sul mercato del lavoro negli Stati Uniti: un nuovo tassello nel quadro macroeconomico sul quale si prospetta l’intervento restrittivo nella prossima riunione della FED del 15 e 16 dicembre pv.
Focus della settimana. Principali dati attesi in settimana. Negli Usa: oltre ai Nonfarm Payrolls e Unemployment Rate, ISM Manufacturing; nell’Euro Area: M3 Money Supply, Manufacturing PMI, Unemployment Rate e la riunione della BCE. Negli Emerging Markets: NBP meeting per la banca centrale della Polonia, in Brasile: GDP YoY.
L’economia globale nel 2016
Dalle indicazioni sulla situazione economica per il prossimo anno risultano almeno tre osservazioni di fondo: a) il miglioramento strutturale dei fondamentali, abbinato ad una politica monetaria di sostegno, che porterebbe un’accelerazione della crescita globale al 3,4%, in aumento dal 3% stimato quest’anno; b) l’inflazione a livello globale dovrebbe posizionarsi vicino al 2,8% con un rallentamento del calo dei prezzi delle materie prime e la volontà di una stabilizzazione; c) una chiara politica monetaria divergente con un restringimento della Fed che, se inizialmente potrebbe creare alcuni rischi a livello globale, non può che rappresentare un segnale del recupero economico in atto. Il tutto legato all’assenza di shock geopolitici che potrebbero influire non solo localmente.
Trend economici divergenti. La crescita globale effettiva nel 2016 rispetto al 2015 rimane nelle previsioni di un trend di sviluppo positivo, nonostante i notevoli cambiamenti e rettifiche al ribasso viste negli ultimi mesi, a partire della prospettiva di debolezza in Cina, che hanno motivato la volatilità dei mercati nel periodo estivo. Un’espansione crescente, che sfida la stabilità negli Stati Uniti al 2,5% sia nel 2015 che nel 2016, un rallentamento modesto in Cina dal 6,9% al 6,6% del prossimo anno e una recessione in peggioramento in Brasile che vedrebbe una contrazione del 3%; si deve sottolineare che questi tre paesi insieme rappresentano circa il 40% del PIL mondiale su base PPP. A sostenere quindi l’accelerazione sono le altre regioni del mondo, con il miglioramento nel 2016 di Area Euro, Giappone, India e Russia.
Le due maggiori economie: Usa e Cina. Secondo questa visione vengono meno la preoccupazioni di un hard landing in Cina o l’inizio di una recessione negli Stati Uniti che trascinerebbe anche le altre aree sviluppate. Nel caso cinese la debolezza delle esportazioni e della produzione dovrebbe continuare a trovare un supporto nella transizione verso una economia più orientata ai consumi interni e basata sui servizi; questo riequilibrio mostrerà ancora una crescita ad un passo meno veloce. Le autorità cinesi hanno comunque a disposizione ulteriormente incentivi per facilitare questo processo e impedire una decelerazione troppo rapida. Per gli Stati Uniti, il dollaro forte si sta dimostrando un fattore critico su industria ed esportazione ma, come per la Cina, consumi e servizi stanno reagendo positivamente lasciando spazio al processo di espansione: la recessione è quindi rimandata al futuro.
Economie emergenti vs sviluppate. Negli Emerging Markets è attesa una leggera ripresa della crescita, ma tra i grandi paesi, al momento solo l’India potrà sperimentare una crescita superiore al tasso tendenziale. In media, le economie emergenti stanno crescendo di circa 0,70% sotto trend; i due terzi attualmente presentano l’ampliarsi dell’output gap e un PIL reale inferiore al potenziale. Al contrario, gli output gap si stanno chiudendo ad un ritmo più rapido nelle grandi economie sviluppate; Stati Uniti, Area Euro e Giappone si mostrano in crescita sopra trend per quest’anno ed il prossimo. A differenza del periodo immediatamente successivo alla crisi finanziaria, quando le economie emergenti hanno dimostrato il maggior contributo alla crescita, ora sono le economie sviluppate a sostenere la crescita globale..
Gold e Settore Aurifero
La pressione geopolitica innescata dai recenti eventi terroristici a Parigi e la copertura mediatica su possibili nuovi attentati in Europa hanno riportato l’attenzione all’oro quale asset di riferimento per gli investitori in situazioni destabilizzanti sulla fiducia e bene rifugio per eccellenza dei cassettisti. In verità i mercati finanziari non hanno avuto particolari reazioni se non un breve ‘flight to quality’ che ha riportato per qualche seduta il tasso di rendimento del Bund tedesco sotto quota 0,5%. Le quotazioni di Metalli preziosi e Petrolio, quali attività particolarmente sensibili agli eventi geopolitici, rimangono ostaggio delle banche centrali intente ad evitare ondate di volatilità nel mercato finanziario.
Quotazioni stabili. L’oro rimane comunque un’attività presente, seppur marginalmente, nei portafogli di investimento. La quotazione negli ultimi mesi ha trovato un supporto rispetto alla discesa della maggiori materie prime; da inizio anno la quotazione Gold spot ha avuto un calo del 9% (1188 al 2 gennaio 2015 contro gli attuali 1079 dollari l’oncia), mentre petrolio e metalli di base hanno perso quasi il 30%, condizionati maggiormente dal rallentamento cinese. Secondo gli esperti la domanda di oro è prevista in rafforzamento nel medio termine, con una risposta più debole da parte degli investitori finanziari compensata da un ritorno più sostenuto degli acquisti fisici. Sebbene l’avvicinarsi di un rialzo dei tassi della Fed rappresenti un rischio a breve termine, gli analisti continuano a stimare una stabilità dei prezzi a medio termine.
Società di settore ben posizionate. In realtà le attese sulle mosse della FED lasciano intravedere una posizione comunque accomodante e strettamente legata alle dinamiche delle condizioni economiche e finanziarie globali. Dopo quindi un impatto negativo sul sentiment dell’oro nella fase iniziale di un ciclo di aumento dei tassi statunitensi, le quotazioni Gold spot potrebbero muoversi in un limitato trading range. In un quadro così delineato le società aurifere potrebbero trovare un periodo favorevole nel prossimo anno visti i forti ritracciamenti degli ultimi due anni. Dopo il lungo trend rialzista, accompagnate da un altrettanto ciclo di rialzo delle quotazioni dell’oro dal 2000 al 2012, oggi il settore presenta rapporto P/CF (price/cash flow) ai minimi da vent’anni e potenzialità di ripresa dopo gli importanti tagli di costi e produzione. Rimane inoltre inalterato l’aspetto difensivo per una diversificazione degli investimenti in una fase sempre più confusa dal punto di vista geopolitico.
A cura di Corrado Caironi, strategist di Ricerca & Finanza
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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