Torna l’inflazione? Sfruttare al meglio paura e incertezza
Finanza Operativa - 04/07/2018 14:53
I mercati globali stanno certamente mostrando molta paura e incertezza, dal momento che la narrativa del toro scatenato si è trasformata in quella di un toro che invecchia e si affievolisce, principalmente a causa dei timori sull’inflazione e sulla fine dello stimolo monetario.
Siamo scettici sul discorso del “ritorno dell’inflazione”, nonostante l’aumento dei dati anno su anno dell’indice sui prezzi al consumo e l’elevata preoccupazione dei mercati.
Dovremmo preoccuparci per l’inflazione?
L’anno scorso l’inflazione è rimasta stranamente al di sotto delle aspettative, consentendo alle Banche centrali di mantenere una politica monetaria accomodante. Ciò ha contribuito a ridurre la volatilità e ad aumentare gli “istinti animaleschi” degli investitori per la prima volta in quasi un decennio. Tuttavia, stando a quanto affermano i ribassisti, quest’anno abbiamo visto l’inflazione virare verso uno scenario di fine ciclo. Data l’importanza dell’inflazione per il sentiment degli investitori e per i fondamentali economici, noi ne stiamo analizzando da vicino non solo l’entità, ma anche gli elementi costitutivi delle sue origini.
L’inflazione ciclica è riapparsa per la prima volta dopo un po’ di tempo. Su tale fronte, mentre la crescita dei salari statunitensi superiore alle attese potrebbe essere percepita da alcuni come un segnale che l’espansione economica stia maturando e che si stia allargando, la reazione dei mercati ci dice in realtà che gli investitori non apprezzano un simile cambio di scenario. Ciò implica anche l’avversione verso la prospettiva di maggiori redditi disponibili, maggiore consumo e più ampia creazione di ricchezza. Sfortunatamente, queste forze cicliche resteranno in campo nel breve periodo, mantenendo viva la volatilità fino a quando il mercato continuerà a percepire l’inflazione come “cattiva”.
Effetto eco…
Riconosciamo che c’è un effetto eco quando si parla di inflazione, ma questa risulta ovviamente da un confronto temporale puntuale che dipende dal livello base di un anno prima. Quel livello base era insolitamente basso nel primo trimestre del 2017, quando un’economia globale modesta e l’incertezza sulla politica degli Stati Uniti frenavano la spesa e gli investimenti. A distanza di un anno, il quadro è molto diverso in quanto l’espansione globale sincronizzata, il forte aumento dei profitti e la chiarezza sui livelli di imposta (più bassi quasi per tutti) hanno risollevato il sentiment degli investitori e delle imprese.
L’effetto eco si tramuterà in un’accelerazione dell’inflazione?
L’esito della “lotta” inflazionistica che si svolgerà quest’anno è molto più complesso e vediamo alcune forze strutturali molto forti che stanno influenzando l’inflazione sia negativamente che positivamente.
In termini pugilistici, in un angolo del ring abbiamo la disinflazione strutturale, guidata da tecnologia, demografia e globalizzazione, mentre nell’altro angolo troviamo la ripresa ciclica degli Stati Uniti, unita a una politica economica che in superficie appare fortemente inflazionistica.
A questo si aggiunga il rischio di una guerra commerciale in piena regola tra Washington e Pechino, che sebbene rimanga per noi contenuto è di certo un rischio da monitorare attentamente, in quanto comporterebbe un’iniezione di inflazione “negativa” nell’economia globale.
Sebbene i salari stiano aumentando e la disoccupazione sia bassa, la prospettiva di un’ampia accelerazione non fa parte del nostro scenario centrale. A nostro avviso, è probabile che l’inflazione raggiunga il picco a metà del 2018 e si porti dietro una versione meno attraente di uno scenario “goldilocks”, con stabilità e crescita solida, ma senza le sorprese positive del 2017 e con maggiore volatilità. Tuttavia, questo è un contesto nel quale noi investitori azionari possiamo lavorare bene, mostrandoci attivi e agili di fronte a incertezza e volatilità.
Il confronto value-growth in un’era di cambiamenti secolari
Un notevole impatto di questa era di cambiamento secolare per gli investitori azionari è che in un mondo caratterizzato da una minore crescita economica, le società growth hanno sovraperformato significativamente e hanno guadagnato una reputazione più favorevole per molti investitori.
Conclusioni
Rimaniamo concentrati sull’essere dalla parte giusta del cambiamento, investendo in società in grado di crescere in quello che riteniamo sarà un mondo in minore espansione. Un mondo a bassa crescita non implica una mancanza di cambiamento o progresso.
Quello che stiamo facendo è assumere un approccio più equilibrato, in quanto molte delle aree cicliche strutturalmente depresse (come asset finanziari e industriali) hanno rimbalzato in risposta alle crescenti aspettative di espansione globale. Nel frattempo, la tecnologia informatica e altri settori che sono stati chiari beneficiari all’interno del mercato sono diventati molto più affollati, il che rappresenta una sfida per determinati segmenti del mercato.
Pertanto, siamo molto specifici sui titoli che deteniamo e restiamo fedeli al nostro framework di investimento, incentrato sull’individuazione di società di alta qualità delle quali abbiamo a disposizione informazioni sul futuro miglioramento dei ritorni economici. La volatilità ci ha consentito di dare una rinfrescata alle nostre partecipazioni, dove le paure macro hanno spostato senza ragione i prezzi delle azioni.
Guardando al quadro generale, confermiamo la nostra fiducia sull’outlook di lungo periodo per le aziende che sono dalla parte giusta del cambiamento, restando tuttavia assolutamente vigili sugli eventuali rischi che potrebbero farci cambiare idea.
Articolo a cura di David Eiswert, gestore del fondo T. Rowe Price Global Focused Growth Equity, T. Rowe Price
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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