A inizio dicembre l’oro è sceso ai minimi da sei anni in risposta a un rafforzamento del dollaro (che ha raggiunto i massimi da 13 anni), poiché il mercato è convinto che il 16 dicembre la Federal Reserve alzerà i tassi d’interesse.
Tuttavia, lo scorso 3 dicembre, quando la Bce ha annunciato misure meno “da colomba” rispetto alle aspettative del mercato (la delusione maggiore è derivata dal fatto che l’Eurotower non ha incrementato l’ammontare di acquisti del QE), l’oro ha recuperato una parte delle perdite che aveva subito, ritornando a 1.085 dollari l’oncia, il che ha comportato delle vendite allo scoperto dell’euro.
Rimaniamo sulla difensiva per quel che concerne l’oro, sebbene crediamo che il focus si sia spostato dalquando la Fed aumenterà i tassi all’intensità con cui lo farà. Ci si aspetta che la stretta sarà molto graduale, poiché l’economia globale è ancora abbastanza fragile e le politiche monetarie della Fed e della BCE sono divergenti.
Un incremento di 25 punti base dei tassi il 16 dicembre è stato in gran parte già scontato dai mercati, sebbene l’oro potrebbe subire pressione fino a quando la Fed non annuncerà l’intervento e, dopo, risalire. Ci aspettiamo che il trend più generale dell’oro sia negativo, all’interno di un range tra i 1.000 e i 1.300 dollari l’oncia, con una crescita limitata per gli anni a venire.
Nonostante ciò, ci sono delle domande che dovremmo tenere a mente nel più lungo termine: la Fed sospenderà l’aumento dei tassi per tutto il 2016, anno di elezioni presidenziali negli USA, o si focalizzerà sul mercato del lavoro e sull’inflazione e diventerà più aggressiva se le condizioni economiche mostreranno segnali di rafforzamento?
A cura di Névine Pollini, Senior Analyst Commodities di Ubp
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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