Mercati azionari ancora esitanti ieri nella loro seconda giornata settimanale in una cautela comprensibile, dato che in assenza di dati macro di un qualche peso, il brusco arretramento del settore delle vendite al dettaglio rappresentato dai deludenti risultati di Home Depot (ma anche Khol, Urban Outfitters e infine Macy’s, quest’ultima attesa per giovedì ma con le sue azioni già in flessione dell’11% alla notiza di un furto di dati sulla sua piattaforma on line dedicata allo shopping) materializza cupe prospettive su un settore che almeno fino ad ora aveva mostrato in USA una insapettata resilienza alle spinte recessionistiche in atto su base globale.
D’altro canto le cose non sembrano, ancora una volta, mettersi bene tra Usa e Cina specie dopo la decisione bipartisan americana di varare una legislazione a favore dei manifestanti ad Hong Kong che ha immediatamente suscitato una reazione sdegnata a Pechino con non troppo velate minacce di ritorsioni; il tutto in un momento in cui quell’accordo che sembrava tanto alla portata si insabbia nuovamente sulla questione delle tariffe. La Cina infatti chiede una totale rimozione dei dazi imposti dopo maggio e una progressiva riduzione di quelli precedenti, mentre Washington sembra più orientata a una riduzione tra il 35% ed il 60% delle sole tariffe imposte dopo il mese di maggio e senza nascondere che nel malaugurato caso non si addivenisse ad un accordo, le tariffe saranno di contro nuovamente elevate, e in maniera sostanziale.
Se sul fronte valutario abbiamo poco da segnalare, con il dollaro stazionario in area 1,1070 contro euro, lo yuan nuovamente in odore di debolezza e la sterlina che arretra dai massimi di 6 mesi dopo il primo confronto Tv tra BoJo e Corbyn, che sembra evidenziare come il gap di consensi tra i due sia molto più stretto di quanto inizialmente preventivato, nell’ambito delle materie prime la nuova battuta di arresto sul fronte commerciale, malgrado i segnali di stimolo all’economia pervenuti dalla Cina, si ripercuote negativamente soprattutto sulle quotazioni del petrolio che ieri a New York mettono a segno l’arretramento più cospicuo da fine settembre (-3,5%) complici i dati rilasciati dalla Api che mostrano un ennesimo incremento delle giacenze pari a 5,95 milioni di barili nella settimana appena conclusa.
Le incertezze rilanciano l’oro
Si riprende comprensibilmente l’oro che capitalizza le rinnovate incertezze guadagnando ancora questa mattina qualche posizione, seppur ancora consistentemente sotto il livello psicologico dei 1.500 dollari l’oncia mentre i metalli non ferrosi danno vita ancora una volta ad una sessione abulica che vede come unico protagonista un rame sempre nervoso nell’intervallo 5.800/5.900 dollari e particolarmente sensibile alle notizie contrastanti in arrivo dalla Asia Copper Conference in corso a Shanghai.
Se da un lato infatti la capacità di raffinazione continua a crescere a ritmo forsennato, soprattutto in Cina (che raccoglie circa il 60% della capacità di raffinazione mondiale) dove la produzione a ottobre tocca il suo massimo storico (838mila tonnellate/27.933 tonnellate giornaliere) e non sembra destinata a calare nel breve (annunciato un nuovo impianto della Daye Nonferrous da 400mila tonnellate l’anno dopo il recente avvio del Ningde da 400K, Chifeng da 400K e Nanguo da 300K) così non possiamo dire della capacità mineraria messa a dura prova dalla mancanza di investimenti negli anni passati e dalle recenti e forti proteste in aree produttive di primaria importanza; il bilancio tra queste due forze è di difficile previsione anche se vale la pena ricordare che la costruzione di uno smelter richiede decisamente meno tempo e risorse rispetto all’avvio di una nuova miniera.
Prevalente debolezza sul resto del comparto, con particolare enfasi sul nickel che sta rapidamente approssimandosi alla zona dei 14mila dollari a tonnellata appesantito da alcuni fattori di matrice ribassista, tra cui la stabilizzazione delle giacenze Lme (ed il rialzo di quelle Shfe ai massimi di 6 mesi), il ritorno delle quotazioni a breve scadenza in contango (27 dollari a tonnellata), una caduta degli Open interests sia sul Lme che Shfe e infine una prevalenza di posizioni ribassiste localizzate sulla data di gennaio 2020, il che fa presagire che la parabola ribassista nelle quotazioni non abbia ancora trovato il suo nadir.
A cura di Wings Partners Sim
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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