Mancano ormai poche ore all’addio di Mario Draghi al trono della Banca Centrale Europea, prima che il testimone passi all’ex direttore operativo del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde. In questi ultimi giorni sono state tantissime le lodi al governatore della Bce ma ci sono state anche delle voci fuori dal coro che hanno aspramente criticato l’operato dell’economista romano.
I numeri di Draghi e il “whatever it takes”
A fine giugno 2011 un tweet del presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy confermava la nomina di Mario Draghi, governatore della Bce da novembre 2011. Uno dei periodi più oscuri della storia economica del Vecchio Continente in cui l’Europa si trova ad affrontare una profonda crisi debitoria di alcuni stati contraddistinti dall’acronimo PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). In questa breve analisi osserveremo che il maggior successo di Mario Draghi sarà proprio quello di essere riuscito a stabilizzare alcune principali economie europee in forte difficoltà.
Le due principali variabili macroeconomiche che si valutano per determinare lo stato di salute di un’economia sono la crescita del Pil e il tasso di disoccupazione. Secondo il database del Fmi a fine 2011 l’Eurozona aveva un Pil pari a 9800 miliardi di euro, a fine 2018 era salito a 11540 miliardi di euro. Una crescita in 7 anni pari al 18%. Se guardiamo solamente all’Italia, la crescita del Pil è stata ben minore da 1650 mld di euro a 1765 mld, per un aumento del 7%. Per quanto concerne il tasso di disoccupazione nel 2012 nell’area euro era pari all’11,4% sceso ad agosto 2019 al 7,4%. Ancora l’Italia ha un miglioramento marginale dal 9,6% al 9,5%.
Indubbiamente quindi durante la guida di Draghi alla Bce c’è stato un sostanziale miglioramento delle principali variabili macroeconomiche ma è sulla crisi debitoria che il numero uno dell’istituto di Francoforte è riuscito a fare il colpo da fuoriclasse. Il “whatever it takes” pronunciato a Londra da Mario Draghi ha indubbiamente stabilizzato l’area euro. Draghi aveva infatti affermato che “nell’ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza”. Le parole di Draghi furono così forti e determinate da sorprendere tutti gli addetti ai lavori che non si aspettavano una dichiarazione così clamorosa e fragorosa.
Tali parole furono in grado di allentare immediatamente le tensioni sui mercati finanziari. La crisi debitoria e il problema spread furono risolti grazie alle credibilità delle parole di Draghi e alle infrastrutture create successivamente (operazioni Omt, piano Qe, aste Tltro). Tornando ai numeri guardiamo agli spread europei. Lo spread Italia-Germania da fine 2011 a oggi è passato da oltre 500 punti base a 150, lo spread Grecia-Germania da 3000 punti base a 170, lo spread del Portogallo da 1200 a 50, quello della Spagna da 480 a 65, quello dell’Irlanda da 700 a 40. Un successo strepitoso che ha salvato l’area euro dall’implosione ma che ha avuto dei costi economicosociali.
Le critiche, inflazione e disoccupazione
Il mandato della Bce è quello di controllare la stabilità dei prezzi al consumo. Rispetto ai precedenti governatori Trichet e Duisenberg, Draghi non è riuscito a mantenere le aspettative di inflazione di medio/lungo termine appena al di sotto del 2%. Anzi in termini di prezzi al consumo le aspettative di inflazione fra 5/10 anni hanno toccato i minimi storici appena al di sopra dell’1%. Tra le critiche a Draghi sicuramente questa è la più pertinente ma deve essere contestualizzata alle condizioni economiche globali (calo della domanda), dall’aumento della globalizzazione, l’incremento della digitalizzazione, la forte riduzione dei prezzi petroliferi (da 100 dollari di fine 2011 ai 55 dollari attuali). A margine delle critiche sull’inflazione ci sono state quelle anche relative al troppo elevato livello di disoccupazione all’interno dell’area euro. Molti hanno chiesto di aggiungere nel mandato della Bce anche l’obiettivo della piena occupazione ricopiando quello della Federal Reserve (il cosiddetto dual mandate).
Le critiche, il sistema bancario
Altra grande critica fatta a Mario Draghi è stata quella di avere messo in grave crisi la redditività delle banche europee portando i tassi di interesse su minimi storici. Per tale ragione i membri del Consiglio Direttivo della Bce hanno ripetuto in molteplici occasioni come le banche europee dovessero cambiare il core business delle proprie attività e cercare un consolidamento del settore proprio per fronteggiare la bassa redditività.
Le critiche, gli effetti sull’economia reale
Una critica a Draghi è stata quella del meccanismo di trasmissione della politica monetaria sull’economia reale. La scelta del quantitative easing per immettere liquidità attraverso l’intermediazione delle banche non è stata efficiente per molti e bisognerebbe pensare ad altre soluzioni come il celebre “helicopter money” ovvero distribuire direttamente ricchezza alle famiglie e alle imprese. Il piano di Qe ha solamente aumentato la base monetaria ma non la moneta perché le banche nonostante gli incentivi per aumentare i prestiti hanno solamente tesaurizzato la liquidità in eccesso.
Il futuro, quali le sfide per Christine Lagarde?
Il testimone ora passerà a Christine Lagarde che si trova in un altro momento difficile per le economie dell’Eurozona con una profonda crisi del comparto manifatturiero che ha incominciato a colpire il settore dei servizi e soprattutto con i nuovi minimi storici toccati dalle aspettative di inflazione di medio/lungo termine.
Le sfide sono molteplici:
A) raggiungere l’obiettivo inflazione;
B) aiutare a stimolare la crescita dell’eurozona;
C) sostenere il mercato del lavoro;
D) moderare i diversi approcci in politica monetaria dei membri del Governing Council.
Riteniamo che Christine Lagarde abbia indubbiamente le capacità di poter mediare tra le “colombe” e i “falchi” del Consiglio Direttivo grazie all’esperienza maturata al Fondo Monetario Internazionale. Anche nello stesso discorso di settembre dinnanzi alla commissione finanziaria dell’europarlamento la Largarde ha espressamente dichiarato che “good leadership is not just about setting out priorities; it is about listening to all voices, expert advice and fostering diversity of thought”.
I problemi principali saranno relativi al raggiungimento degli obiettivi economici con una scatola povera di attrezzi da utilizzare. Crediamo che soluzioni alternative non convenzionali potrebbero essere discusse nuovamente e non escludiamo l’introduzione di nuovi sistemi per permettere un passaggio più diretto della liquidità immessa dalla Bce all’economia reale.
Conclusioni
Nonostante le critiche crediamo che Mario Draghi possa essere ricordato come uno dei migliori e più aggressivi banchieri centrali di sempre. Due le doti principali che vogliamo ricordare per Mario Draghi: la reputazione e la diplomazia.
Sulla reputazione abbiamo già parlato tanto, in merito alla credibilità delle parole pronunciate soprattutto nel discorso di Londra. Dobbiamo anche citare le abilità da diplomatico. Mario Draghi ha dovuto fronteggiare un grande dissenso soprattutto nei paesi del Nord Europa riguardo al piano di Quantitative Easing, opposizione guidata dal governatore della Bundesbank Jens Weidmann.
Per non parlare dei lunghi consigli per l’attribuzione della vigilanza sul sistema bancario alla Bce.
Il nostro giudizio sull’operato di Draghi è ampiamente positivo e crediamo che, fra molti anni, sarà citato nei libri di storia (economica ma non solo) come l’economista che ha salvato l’area euro. Crediamo che una figura come Mario Draghi debba essere una delle principali scelte in ambito istituzionale italiano. Non solo per le conoscenze economiche ma per le abilità di sapersi destreggiare in ambienti ostili.
Per determinare l’elevato standing di Mario Draghi basta riportare le parole dei suoi più acerrimi nemici. L’ex ministro delle finanze Wolfgang Schauble ha così ricordato il numero uno della Bce: “Draghi è uno dei più stimati esperti di politica monetaria. Grazie a lui l’euro ha giocato un ruolo di primo piano nelle strutture monetarie internazionali. E in una fase critica, in cui gli Stati non ce l’avrebbero fatta da soli, ha fatto molto per stabilizzare la moneta unica”. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva accusato Draghi più volte per la debolezza dell’euro nei confronti del dollari, ha direttamente espresso il suo apprezzamento nei confronti dell’economista italiano proponendo anche di cambiare Powell con Draghi.
Articolo a cura di Filippo Andrea Diodovich, Senior Strategist di IG
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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