I mercati azionari mondiali tentano la reazione dopo la sollecitazione dei supporti strutturali. Per ora è mancata la qualità e le conferme tardano a sopraggiungere, ma nel breve periodo si può essere ancora possibilisti. A patto che tengano i supporti strategici.
Il market mover di ieri è provenuto da Cupertino, con Apple che ha comunicato la volontà di rallentare le assunzioni, confermando i timori di frenata dell’economia americana. Lo S&P si mantiene ben distante dal minimo di giugno, ma risulta aver perso più dello 0.75% in ben tre delle ultime sei sedute.
L’aspetto indisponente è che questo tentativo di recupero si manifesta con una ampiezza deludente, che impedisce di considerare definitivo il bottom di giugno, come analizzato nel rapporto di ieri; ma soprattutto con volumi praticamente assenti: prendendo lo “SPY” come riferimento di mercato, gli scambi sono risultati superiori alla media a 50 giorni dei medesimi soltanto una volta, dopo il bottom di metà del mese passato. Chi confidava in un ispessimento del turnover come prova di una ritrovata fiducia, sarà rimasto fino ad ora deluso, sebbene la questione non sia così pacifica come assunto dal senso comune. Domani ritorneremo su questo tema delle performance di mercato con volumi sopra/sotto la norma.
La stagione degli utili sta per entrare nel vivo. Ha riportato per ora soltanto il 7% delle compagnie, e la proiezione di crescita degli EPS operativi per il secondo trimestre è di un confortante +4.3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno; che però indispone alla luce della previsione di un PIL in contrazione negli Stati Uniti nel Q2: gli economisti interpellati dal Wall Street Journal propendendo ora per una probabilità del 49% di recessione negli USA negli ultimi dodici mesi. A gennaio il dato non superava il 18%.
In questo contesto la Fed appare orientata a confermare i 75 punti base di incremento dei tassi ufficiali per la riunione operativa del 26-27 luglio, con una possibilità ancora non trascurabile di intervento più incisivo pari a 100 punti base. Le aspettative si vanno intiepidendo, ma non c’è alcun motivo per confidare in un severo ridimensionamento dell’inflazione.
Gli indici europei ieri nella circostanza sono apparsi ben più reattivi, forse sostenuti dal maggiore perso dell’Energy, che a sua volta ha beneficiato del recupero del petrolio. FTSE MIB e DAX si riportano a ridosso della resistenza giornaliera: una circostanza confortante sebbene non definitiva, perché segue di sole 48 ore la minaccia di un definitivo break verso il basso.
La condizione tecnica delle borse del Vecchio Continente è ben raffigurata dall’Eurostoxx50. Si scorge benissimo la consistenza del supporto situato fra 3500 e 3350 punti, e soprattutto il vuoto che in caso di rottura precederebbe il successivo target ribassista. Una reazione definitiva si rende a questo punto improcrastinabile: pena il delinearsi dello scenario evocato nell'Outlook di metà anno.
a cura di Gaetano Evangelista
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