Il boom economico atteso nel secondo semestre spinge Wall Street ad un nuovo massimo storico: è il 19esimo, quest'anno. Ma la rottura dei massimi sull'Eurostoxx suggerisce e conferma la prospettiva che il baricentro borsistico si possa spostare nel Vecchio Continente.
I dati economici iniziano ora a riflettere l’immane confronto con le rilevazioni depresse di un anno fa. L’effetto base genera proiezioni impressionanti: il Weekly Economic Index della Fed suggerisce un PIL nel secondo trimestre in crescita del 4.4%; il GDPNow della Fed di Atlanta si spinge al 6.2%, mentre non manca chi propende per una espansione reale addirittura dell’8%.
In questo contesto di autentico boom economico, è inevitabile che gli investitori manifestino tutto il loro entusiasmo. Il sondaggio di AAII rivela un 57% di Tori – su questo torniamo nel Rapporto Giornaliero di oggi – e lo si vede in borsa: dove lo S&P consegue un nuovo massimo storico. Il 19esimo, quest’anno. I future sui Fed Funds prezzano un aumento del costo ufficiale del denaro ad inizio 2023; con una probabilità ora del 50% di un liftoff già a luglio 2022.
L’aspetto nuovo casomai è rappresentato dalla nuova rotazione settoriale in atto. Abbiamo appena fatto in tempo ad evidenziare il calo ponderale fatto registrare negli ultimi sei mesi dalle società del FANG; che ecco che le mega gap tornano a dettare legge, con il Nasdaq – finora attardato – ad un passo da un nuovo massimo storico. Lo scorso 1° aprile, in replica al quesito di un lettore, anticipavamo: «una probabilità di circa il 90% di progressi ad un mese: di ben più del 5%». Il mercato è stato prevedibilmente galantuomo.
L’aspetto intrigante è che ora gli investitori americani hanno una brillante alternativa alle soluzioni domestiche. Complice il ripiegamento del dollaro, l’Eurostoxx ha sfondato i (quattro) massimi degli ultimi dodici anni; producendosi in un breakout in piena regola che fa giustizia della falsa rottura ribassista di poco più di un anno fa. Se gli americani rammentassero cosa occorso allo S&P500 quando nel 2013 si produsse in una rottura analoga; farebbero convergere verso l’Europa fiumi di denaro in cerca di opportunità sicuramente più a buon mercato.
Certamente la sopravvalutazione fondamentale della borsa americana, in buona misura dipende dalla massiccia presenza del settore tecnologico. Ma anche al netto di questo comparto, la differenza fra i Price/Earnings forward di Stato Uniti e Stoxx600 si attesta a ben 3.7 punti. Se i fondamentali nel medio periodo – fino a tre anni – hanno una capacità predittiva nulla; nel lungo periodo (5-7 anni ed oltre) la questione cambia, e l’eventualità che le rotazioni in atto dovessero manifestarsi anche a livello geografico, conferma la previsione di un conseguito minimo sull’euro contro dollaro.
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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