Il rialzo appare condizionato ad una imminente stagione degli utili, incaricati di raccogliere il testimone dall’espansione dei multipli che ha trainato questo bull market dopo il minimo di marzo 2020. Si parte da attese di contrazione dell’8.5% da parte degli EPS.
I mercati azionari risultano abbastanza gentili da vivacchiare, scaricando gli eccessi accumulati durante il prodigioso rialzo partito a fine ottobre, senza nuocere eccessivamente agli investitori. Non altrettanto fortunati possono definirsi i detentori di titoli di Stato, ma questo è un altro discorso.
Fra gli indici più abitualmente osservati, la differenza più rilevante, in ottica di breve periodo, è il posizionamento rispetto alle resistenze. Il FTSE MIB è tuttora alle prese con l’ultimo diaframma, situato a 23000 punti, prima del massimo di febbraio 2020. Spingersi oltre questa barriera implicherebbe insomma il ritorno a livelli abbandonati ad ottobre 2008, e già questo è tanto dire. Soprattutto, la circostanza consentirebbe di accogliere una lettura, in termini di onde di Elliott, che ci sembra abbastanza ragionevole, e che abbiamo inserito nel 2021 Yearly Outlook, di imminente pubblicazione.
Stoxx600 e S&P500 invece le loro resistenze se le sono già lasciate alle spalle. L’indice paneuropeo ha sfondato l’ultimo diaframma fra 399 e 404 punti che lo separa(va) dal massimo in questo caso assoluto, sebbene ora cincischi. Un fenomeno di poco conto, dal momento che il superamento del citato diaframma sprigiona una potenzialità del 10%.
Anche lo S&P500 si è lasciato alle spalle la pur considerevole resistenza fra 3670 e 3705 punti, che casomai adesso agirà da supporto. Nel mirino del benchmark americano c’è quota 4000 punti, invocata dai più. Un target il cui raggiungimento appare condizionato ad una – imminente – stagione degli utili, incaricati di raccogliere il testimone dall’espansione dei multipli che ha trainato questo bull market nello stadio immediatamente successivo al minimo di marzo 2020. Si parte da attese di contrazione dell’8.5% da parte degli EPS operativi, rispetto ad un anno fa.
A proposito di S&P500, alcuni investitori hanno puntato il dito contro una presunta sopravvalutazione tecnica in termini di ritorno eccessivo maturato nelle ultime settimane: con il tasso di variazione a 50 giorni spintosi di recente oltre l’asticella del 14%.
Abbiamo esaminato oggettivamente questa performance, scorgendo una trentina di casi negli ultimi 60 anni; uno ogni due anni, in media: il Rapporto Giornaliero di oggi si sofferma sulle performance nei mesi successivi, allo scopo di appurare se gli obiettivi di cui si parla in questi giorni, siano realistici o meno.
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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