È incredibile come i media continuino a citare le profezie strampalate di Marc Faber, malgrado il pessimo track record di questo investitore. Eppure, basterebbe una superficiale ricerca (10 maggio 2012: «We Could Experience A 1987-Style Crash This Year»; 11 aprile 2014: «This will be the worst since '87»; 30 aprile 2015: «Stocks are about to fall 40%—at least!»; 26 gennaio 2016: «Market Crash Will Rival 1987's Massive Drop»; 9 agosto 2016: "S&P is set to crash 50%») per accorgersi da un lato della casualità della corretta predizione del crash di trent'anni fa; dall'altro della corresponsabilità dei media, che prestano ascolto a chi in questi nove anni ha completamente sbagliato strategia, facendo perdere agli investitori denaro e opportunità.
Come se il muro della paura, sul quale si arrampica brillantemente il Toro, abbisognasse di ulteriori mattoni. Per restare nel mondo animale, il rischio è che l'Orso faccia la fine... della rana bollita. A nessuno sfugge la moderazione con cui Wall Street progredisce e consegue ulteriori massimi storici. Compresa quella di ieri, nell'ultimo anno le sedute in valore assoluto dal saldo non superiore allo 0.5% sono state ben 197! Ciò malgrado, Wall Street è salita del 20%, senza peraltro considerare i dividendi.
È evidente che questo costituisca il migliore dei mondi per gli investitori, che possono contare su una crescita costante del capitale, senza eccessiva volatilità. Al contempo, questo contesto non incoraggia il coinvolgimento del denaro parcheggiato in fondi monetari e obbligazionari. Senza considerare che l'unico precedente postbellico simile a quello corrente, risale al 1964: il che è di buon auspicio, visto che quella circostanza favorì diversi mesi di ulteriore crescita delle quotazioni azionarie.
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
Fonte: www.ageitalia.net
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