Un annata disastrosa per gli investitori: il mercato azionario perde ovunque da un quarto ad un terzo del suo valore, mentre il mercato obbligazionario mondiale vede sfumare 13 trilioni di dollari di capitalizzazione. Per fortuna l'analisi tecnica ha anticipato questa debacle.
Dopo un inizio promettente, con lo S&P500 che inanellava ben due sedute dal saldo superiore al +2.5% - una performance sperimentata l’ultima volta nell’autunno del 2008... – le borse mondiali sono state risucchiate dalle vendite, gettando di nuovo nello sconforto i malcapitati investitori. Si salva ancora una volta il comparto Energy, per il quale è previsto negli Stati Uniti il raddoppio degli EPS rispetto ad un anno fa; penalizzata la tecnologia, con il Nasdaq che dal massimo cede più di un terzo; nonché abbastanza clamorosamente le Utility, con il Dow Jones di categoria che buca la media mobile a 200 settimane.
Il catalizzatore della liquidazione di venerdì è stato il mercato del lavoro, che ha prodotto un numero di buste paga superiore soltanto di misura rispetto alle aspettative; abbastanza però da rafforzare la retorica hawkish di tutti gli esponenti della Federal Reserve: dai presidenti regionali ai governatori del FOMC. Con lo smantellamento degli stimoli monetari degli anni passati, non sorprende che i mercati finanziari ne risentano.
L’Equity permane in bear market, mentre i bond dai massimi denunciano un sacrificio superiore ai 13 trilioni di dollari, dopo peraltro l’ottava settimana negativa di fila. Paradossalmente per la gestione bilanciata 60/40 il saldo del 2022 (-18.05%) non è più il peggiore della storia: sopravanzato dal risultato a questo punto dell’anno del 2008 (-20.4%), evidentemente condizionato dalla debacle a quel punto registrata dai listini azionari.
Come riportato in altra sede, il modello di asset allocation si distacca da una allocazione virtualmente nulla in azioni, accennando un misurato acquisto di azioni. Siamo però ancora ben lontano da un pieno coinvolgimento, per il quale occorrerà superare impegnative prove di buona volontà. Il problema è che permangono tuttora diversi ostacoli ad una placida navigazione verso acque meno tempestose.
Da un lato difatti si approssima l’appuntamento ciclico esplicitato nell'Outlook di metà anno, con lo S&P500 che dal 1950 è salito sempre - 18 casi su 18 - nel periodo plurimensile identificato; dall’altro permangono criticità ed anomalie che un investitore vorrebbe non rilevare. Per esempio, il VIX si è collocato sopra i 30 punti in ben 9 delle ultime 11 sedute. Un setup che non fa dormire sonni tranquilli agli investitori, come analizziamo dettagliatamente nel Rapporto Giornaliero di oggi. L’opzione del rally dopo la prossima scadenza ciclica del Delta System è ancora sul tavolo, ma il ghiaccio si va assottigliando sempre più.
a cura di Gaetano Evangelista
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