Gli investitori salutano con favore il conseguimento di un tasso di variazione positiva degli EPS americani rispetto ai livelli di un anno fa. Nel frattempo, la politica monetaria si concede una pausa nell'incremento del costo del denaro: forse definitiva?
Quando procediamo verso la fine della prima metà di settembre, la partita è ancora aperta: con il recupero di ieri lo S&P500 ha contenuto il disavanzo rispetto ad agosto ad una ventina di punti; un passivo ampiamente recuperabile prima che subentri la fase stagionale e ciclica più impegnativa di questo mese.
Il driver sembra essere la riflessione del solito inappuntabile Nick Timiraos, “governatore ombra” della Federal Reserve (di fatto il portavoce non ufficiale della banca centrale americana); il quale sul Wall Street Journal, faceva notare un rilevante, forse decisivo mutamento negli umori degli esponenti del FOMC.
Mentre infatti fino ad ora l’orientamento era quello di aumentare i tassi di interesse, magari anche più del necessario, pur di piegare l’inflazione, ora l’atteggiamento rilevato appare più pragmatico, nel timore che un ulteriore incremento del costo del denaro possa provocare uno stop non benvenuto della crescita economica, o magari una sgradita turbolenza finanziaria.
Il mercato a termine ha prontamente rilevato questo spostamento tellurico. La probabilità di un incremento del Fed Funds rate a settembre è prezzata ad un infimo 7%. A questo punto, anche un’inflazione sorprendentemente superiore alle aspettative – ne sapremo di più fra 24 ore – difficilmente smuoverà i banchieri centrali americani. Tanto più che il rilevato aumento del tasso di partecipazione della forza lavoro preannuncia il raffreddamento delle pressioni sulle retribuzioni, e dunque sui prezzi al consumo.
Dulcis in fundo, sempre il WSJ rileva per la prima volta un incremento per il Q3 degli utili operativi da parte delle compagnie americane, rispetto allo stesso trimestre di un anno fa, citando FactSet. Questo comporterebbe una variazione finalmente positiva degli EPS per l’anno solare, giustificando la buona performance degli ultimi quasi dodici mesi dei listini azionari.
A Wall Street lo S&P500 ha terminato sopra i livelli di apertura per la terza seduta consecutiva, confermando la scadenza ciclica da bottom del Delta System di mercoledì scorso, e ripristinando ora l’uptrend di breve periodo. Resta l’aspettativa di un transito favorevole fino alla fine della corrente decade, prima che le correnti negative tornino a prevalere.
In Italia analoga reazione è stata mostrata dal FTSE MIB, che ha beneficiato di due input tecnici fondamentali. Il primo, come già argomentato, è stato il setup di inversione di venerdì, che in effetti quest’anno è già risultato efficace nel cogliere i minimi di Piazza Affari.
Il secondo è costituito dall’azione contenitiva esercitata dai massimi primaverili: che adesso, come detta la teoria, stanno agendo fisiologicamente da supporto.
di Gaetano Evangelista
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