A gennaio 2020, dopo la formalizzazione del ToY setup qualificato, ipotizzammo una performance entro fine anno del 19% da parte dello S&P500. Ci siamo sbagliati: l’indice ha chiuso in progresso soltanto del 16.3%. Quale errore imperdonabile!
Il sussulto di ieri degli indici azionari conferma la sensazione emersa da qualche tempo: quella di un mercato pigro, indolente, destinato a ristagnare più che ad assumere una netta direzione nelle settimane a venire. Questo vale in modo particolare per il nostro mercato, per il quale da tempo vanno emergendo dei fattori di criticità (meglio: di vulnerabilità) che devono essere ancora risolti.
In altre parole, c’è da capire se uno spread di rendimento decennale rispetto alla Germania così contenuto, al pari di un Credit Default Swap a 5 anni compresso sotto i 100pb; costituiscano una insostenibile mortificazione del premio per il rischio, ovvero rappresentino l’inizio di una nuova stagione, destinata a perdurare e casomai a perpetuarsi. Le beghe romane al solito non incoraggiano; al pari, per restare al nostro orticello, della persistente tenuta dell’ultima resistenza a 23000 punti prima dei massimi di febbraio 2020. Tuttavia l’andamento decisamente incoraggiante del credito al settore privato, ed un paio di considerazioni strategiche formulate nel 2021 Yearly Outlook – prossimo a pubblicazione – caldeggiano una lettura degli eventi più distaccata e soprattutto prospettica.
Anche Wall Street vivacchia. Ma qui apparentemente la condizione è di maggiore forza. Lo suggerisce il saldo già fin qui maturato, e soprattutto la probabile chiusura benigna di quello che per noi è il più rilevante setup stagionale dell’anno. A gennaio 2020, dopo la formalizzazione del ToY setup qualificato, ipotizzammo una performance entro fine anno del 19% da parte dello S&P500. Ci siamo sbagliati: l’indice ha chiuso in progresso soltanto del 16.3%. Quale errore imperdonabile!
Si replicherà quest’anno? ne riparleremo fra meno di una settimana...
Certo il 2020 è stato favorito per due terzi del suo sviluppo dal contributo straordinario del FANG, ed in generale delle società Growth. Come meglio rileviamo nel Rapporto Giornaliero di oggie, da settembre in avanti questo plotoncino di compagnie ad alti numeri di ottano sta battendo in testa.
Significativo nello S&P – ma non solo – il confronto fra Growth e Value, che condiziona massicciamente le performance di investitori e asset allocator: si scorge un massimo pazientemente arrotondato, che ha preceduto la sotto-performance recente del Growth. Siamo all’inversione definitiva?
Presto per dirlo: il passato è costellato da comportamenti analoghi, risoltisi però sempre a favore del Growth. Spettacolare l’episodio di fine 2019. Prima di vendere la pelle del FANG, bisognerà catturarlo...
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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