No landing: il mercato azionario può ora consolidare

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 21/02/2023 10:19

L'economia non entrerà in recessione: ormai è stato raggiunto il consenso su questo aspetto. Le borse, che negli ultimi quattro mesi hanno proposto un lieto epilogo, paradossalmente ora ne potrebbero approfittare per tirare il fiato. Fino a quando è facilmente calcolabile.


Nonostante un’inflazione che rialza la testa su diverse misurazioni, una Fed che di conseguenza si riscopre hawkish, tassi e dollaro in risalita; Wall Street termina la settimana sostanzialmente invariata, mentre gli indici europei più importanti migliorano i massimi annuali e talvolta (CAC40, FTSE 100 e All Share Italia nella versione total return) storici. Questo fornisce la misura della resilienza del mercato, capace finora di assorbire agevolmente le prese di beneficio conseguite fisiologicamente ad un inizio d’anno scoppiettante.

C’è una novità nella politica monetaria americana: la prospettiva di un terzo aumento del Fed Funds rate dopo quello scontato di maggio è data adesso al 62%; al 18% la probabilità che in occasione del FOMC di marzo Powell torni ai 50 punti base di inasprimento. L’anno scorso il mercato azionario in simili circostanze sarebbe crollato: a dimostrazione del fatto che stia ben digerendo la prospettiva dell’higher for longer.

Così, mentre molti investitori anticipavano e quasi confidavano in una prossima recessione, dividendosi fra le alternative di un atterraggio brusco o morbido, l’economia è ripartita beffando chi sperava di forzare un pivot dovish: no landing, almeno per ora, in barba quella inclinazione negativa della curva dei rendimenti che proprio non vuole rientrare (e che anche per questo suscita timori di “guasto”). E non è questa l’unica anomalia.

Prendiamo il dollaro: il ribasso del biglietto verde dalla fine di settembre ad inizio febbraio, è stato salutato con favore dalla sovraperformance delle società americane internazionalmente orientate: salite del 27%, rispetto al +15% messo a segno dalle società rivolte prevalentemente al mercato interno. Suona ragionevole. Meno la performance analoga (rispettivamente, -2.2 e -2.1%) realizzata da allora: come se gli investitori non giudicassero sostenibile il rimbalzo della divisa americana messo a segno nel frattempo.

Queste considerazioni cadono nel momento in cui i mercati americani si concedono la pausa del President Day, che dovrebbe inaugurare una fase di consolidamento, come noto da tempo. Vale anche per il nostro listino, che sul finire della scorsa settimana ha sperimentato una compressione della ampiezza di mercato. Restano fermi i target temporali e di prezzo di questo probabile aggiustamento, prima del ripristino dell'uptrend verso gli obiettivi delineati nel 2023 Yearly Outlook.

 

di Gaetano Evangelista
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