Malgrado VW, Deutsche Bank e... i wurstel; la Germania batte l'Italia

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 30/10/2015 12:16

Nonostante il ripiegamento di ieri, Piazza Affari conferma la sua leadership fra le borse mondiali, con l'indice MIB che vanta un saldo per il 2015 superiore al 18%, dividendi esclusi. Soltanto il CAC francese e per un soffio il DAX riescono a conseguire la doppia cifra. L'eccezionalità del risultato conseguito si conferma considerando che bisogna risalire al 1997 per trovare a questo punto dell'anno una performance migliore per la borsa italiana.

Il merito è senz'altro riconducibile al flusso di dati economici, che da tempo risulta superiore alle aspettative degli esperti, inducendo gli investitori a ricalibrare il proprio giudizio sul mercato. Ieri abbiamo esaminato il confronto fra la performance dell'indice MIB e l'andamento del CESI (Citi Economic Surprise Index), intimamente correlato al tasso di variazione di Piazza Affari: si rileva una anomalia che dovrebbe produrre effetti ben precisi sul mercato. La sovrapposizione risulta ancora più aderente in termini comparativi: oggi proponiamo il confronto fra il rapporto MIB/DAX, che ha puntato verso l'alto per tutto l'anno corrente; e la differenza fra il CESI Italia e il CESI Germania (uno spread meno noto ma non per questo meno importante).

Due osservazioni emergono immediatamente: l'andamento deludente dell'economia tedesca ha prodotto un differenziale che si attesta su livelli stellari, e che in effetti prima d'ora è stato conseguito in questi termini soltanto a giugno 2006 e a agosto 2008; circostanze che da un lato produssero un ovvio fenomeno di mean reverting da parte del CESI Differenziale, dall'altro indussero un'inversione di tendenza fra i due indici azionari.

La seconda riflessione è legata appunto proprio all'andamento del rapporto MIB/DAX, che avverte l'insostenibilità dei livelli raggiunti dai due CESI, e che punta verso il basso da oltre tre settimane: bizzarro, malgrado gli scandali che hanno coinvolto prima Volkswagen, poi Deutsche Bank, ed infine i wurstel tedeschi. Il mercato insomma sembra suggerire che il trade "compra Italia, vendi Germania", che ha impegnato gli investitori in borsa fino ad ora, è da archiviare.


Gaetano Evangelista
www.ageitalia.net

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