Ora che la Fed si impegna ad inondare il sistema di liquidità, ci si meraviglia che i prenditori potenziali non si presentino allo sportello. D’altro canto, come smantellare in pochi giorni uno schema che ha richiesto dodici anni per essere tirato su?
Il termine che meglio definisce questa fase è: spiazzamento. Gli investitori hanno fatto la fine del malcapitato parvenu al primo turno del torneo di Wimbledon, davanti al campione blasonato: diritti incrociati sempre più estremi, atti a spingere il trafelato sfidante sempre più ai margini del campo; prima dell'impietoso diritto lungolinea. Gambe pietrificate, paralisi completa.
Altro esempio: le banche. Per dodici anni, dopo la crisi finanziaria del 2008, autorità governative, bancarie e di mercato hanno costruito un complesso schema regolamentare atto a prevenire l’assunzione eccessiva di rischio e leverage da parte delle istituzioni finanziarie; e ora, ora che la Federal Reserve si impegna ad inondare il sistema di liquidità, ci si meraviglia che i prenditori potenziali non si presentino allo sportello: paralisi anche qui. D’altro canto, come smantellare in pochi giorni, e in condizioni di emergenza da crisi di liquidità, uno schema che ha richiesto dodici anni per essere tirato su? come fare, per tornare all’investitore medio, a persuadere circa i rischi straordinari correntemente corsi, dopo aver spiegato per tutti questi anni – a ragione – di vivere un’esperienza bullish più che generazionale?
Lo si scorge dai toni pacati, melliflui (che però malcelano un certo nervosismo) con cui molti consulenti finanziari in queste settimane cercano di persuadere i clienti a non correre alla cassa, a differenza di quanto fatto in occasione di quelle che erano chiaramente correzioni (2011, 2016, 2018). Trascurando un insegnamento dell’11 settembre 2001: in condizioni di emergenza, il panico fu la molla che salvò i molti che si precipitarono dalla tromba delle scale, anche scavalcando chi sfilava ordinatamente; ignorando gli inviti delle autorità a mantenere la calma, ad attendere i soccorsi. Che tanto – per usare un’infelice espressione di questi tempi - «andrà tutto bene».
Il comportamento dell’indice MSCI delle borse mondiali di questa tragica settimana è eloquente. Nel 2016 l’All Country World Index si spinse oltre la resistenza delineata dai massimi del 2007 e del 2015; dando luogo ad un impulso rialzista tanto spettacolare quanto ignorato dai più; che vagheggiavano di improbabili “tripli massimi”, di trappole per Tori, di presunte sopravvalutazioni, e via dicendo. Sotto questa prospettiva, il ripiegamento di fine 2018 si rivelò un fisiologico pull-back; a posteriori l’ultima occasione per comprare bene («a sconto», dicono oggi).
Dopo il massimo di febbraio, il MSCI ACWI ha ripiegato nuovamente. Fermando una settimana fa la caduta proprio a ridosso di questa ex resistenza, ora supporto. Comportamento fisiologico, benché sospetto (il mercato non concede seconde opportunità). Ma questa settimana ci siamo andati sotto. Negando la rottura rialzista. E inferendo un duro colpo alle attese degli investitori.
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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